mercoledì 28 febbraio 2024

Comunicare con i morti non è un gioco da ragazzi: La tavola ouija.





L'età consigliata per l'utilizzo delle tavole Ouija è dagli 8 anni in su.
Quindi devi avere almeno 18 anni per comprare e consumare alcolici, ma per evocare uno spirito basta aver concluso con o senza successo la seconda elementare. 
Così recita una vecchia battuta che ormai gira da anni sul web, in particolare sui siti che si occupano di occultismo.
Fa sorridere, può sembrare anche un po' ridicola, ma rispecchia la realtà.
La tavola ouija è uno degli strumenti medianici più conosciuti e discussi.
La sua nascita è legata al desiderio, insito nell’uomo da secoli, di entrare in contatto col mondo degli spiriti. 
La tavola ouija è costituito da una lamina in di legno sulla quale sono disegnate le lettere dell'alfabeto, i numeri dallo 0 al 9, un "si" e un "no", un "ciao/benvenuto" e un "addio".
La tavola viene utilizzata per comunicare con gli spiriti durante le sedute medianiche, e per farlo il medium si avvale di un indicatore, la Planchette, che si muove sulla superficie della tavola per compitare delle parole. 
La modalità di utilizzo più comune consiste nel porgere alle entità delle domande, e gli spiriti, usando il medium come canale, muovono la Planchette, su cui tutti i partecipanti hanno appoggiato il dito indice, sulla tavola ouija per formulare la risposta.
A brevettare la tavola ouija nella sua versione di tavoletta raffigurante l’alfabeto furono nel XIX secolo due imprenditori, Elijah J. Bond e Charles Kennard.
La storia della tavola ouija è assai avvincente e ricca di colpi di scena.
Charles Kennard era un imprenditore americano che commerciava in fertilizzanti.
Nel 1980 si trasferì nel Maryland dove conobbe E.C. Reiche, un immigrato prussiano che produceva mobili e che era diventato becchino e costruiva bare per arrotondare.
Due uomini che volevano dare una svolta alle loro vite.
Un settore che sembrava garantire una cospicua e continua entrata di denaro era lo spiritismo.
Da diversi anni infatti gli americani si rivolgevano a medium e sensitivi per poter parlare con i loro amati defunti.
Famiglie disperate in cerca di conforto, spesso a pagamento.
Kennard e Reiche iniziarono così a investire in questo settore e cominciarono a produrre una serie di “bacheche parlanti”, delle tavole che permettevano ai medium di comunicare meglio con gli spiriti.
I due imprenditori contattarono un avvocato, Elijah Bond, il quale sosteneva di avere una cognata in grado di comunicare con i defunti.
La donna si chiamava Helen Peters Nosworthy, ed è conosciuta come la madre della tavola ouija.
Classe 1851, Helen era nota per le sue sedute spiritiche private, e con la sua maestria riuscì a convincere l’ufficio brevetti di essere veramente in grado di contattare i morti.
Grazie a lei nel 1891 Kennard ottenne l’autorizzazione del governo federale per vendere la tavola con il nome “Ouija o la tavola egiziana della fortuna”.
Secondo alcuni sarebbe stata proprio Helen a ricevere dalla tavola stessa il nome ouija, gli spiriti le dissero che significava “buona fortuna” in egiziano antico.
Più tardi Bond smentirà tutto questo affermando che nome Ouija potrebbe derivare dall’unione della parola “sì” tradotta in francese (oui) e in tedesco (ja). 
Anche l’atteggiamento di Helen cambiò nel corso degli anni, arrivando a dire che la tavola raccontava solo menzogne.
In seguito a una seduta spiritica con la sua famiglia Helen disconobbe la validità della tavola, la quale le aveva rivelato che uno dei suoi fratelli aveva rubato dei preziosi bottoni, cimeli di famiglia. 
La donna non volendo credere a tale rivelazione rinnegò il suo passato da spiritista dicendo che gli spiriti mentono per confonderci e metterci gli uni contro gli altri.
Nel corso degli anni il brevetto è passato attraverso molte mani.
Inizialmente furono Kennard e Bond a gestire la produzione della tavola, che veniva sponsorizzata come un divertente gioco di società dalla neonata azienda Kennard Novelty Company.
E.C. Reiche sparisce dalle scene.
Secondo tanti testimoni fu lui l’effettivo inventore della tavola, colui che ha creato il prototipo finale, più maneggevole rispetto alle precedenti, eppure a un certo punto stranamente non viene più nominato, lasciando il suo posto ad Elijah Bond.
Nessuno sa come mai Reiche abbia smesso di lavorare con gli altri imprenditori, si sa solo che è morto nel 1899.
La Kennard Company nel frattempo prospera e tra i dipendenti della compagnia spicca un verniciatore, William Fund.
Dopo circa un anno, Kennard lascia l’azienda per dedicarsi ad altre attività, che comprenderanno sempre dei brevetti di tavole medianiche.
Sarà proprio Fund a prendere le redini dell’azienda.
Anche Bond lascia l’azienda e crea una sua compagnia, la Swastika Novelty Company, e lanciò un nuovo modello di tavola, chiamata Nirvana.
Riprese inoltre il suo lavoro di avvocato.
Bond morirà nel 1921, e la sua lapide raffigura una tavola ouija.
Sotto la guida di William Fund la Kennard cambiò nome divenendo la Ouija Novelty Company e continuò a produrre tavole ouija oltre a tavoli da biliardo ed altra mobilia.
A William si unì il fratello, Isaac Fund, e diedero ancora un nuovo nome alla compagnia, Isaac Fuld & Brother.
Ma l’idillio tra i fratelli durò solo quattro anni, William infatti ottenne che il fratello venisse escluso dalla compagnia, e fondò la William Fuld Manufacturing Company.
Isaac ne fu così amareggiato che si trasferì e fece addirittura riesumare il corpo della figlia per seppellirlo nel cimitero della città dove era andato ad abitare.
I due rami della famiglia non si parlarono per quasi un secolo, se non tramite ingiunzioni.
Entrambi continuarono a produrre le tavole ouija, chiamandole come nomi diversi, Oriole e Oracle, per evitare le reciproche denunce di plagio.
William decise a un certo punto di produrre tavole ouija a basso costo, con materiali meno pregiati, e questa mossa gli permise di aumentare i propri introiti a discapito del fratello.
Non solo materiali poveri ma anche diversificazione.
William Fund creò altre tavole, ad esempio la Sphynx oracle board, sulla cui lamina erano disegnati sfingi, piramidi e geroglifici, un richiamo al misterioso Egitto e al nome della tavola, come era stato detto da Helen Peters in origine.
Nel 1920 creò la Mystic board, detta anche Mitche Manitou, legata alla magia dei nativi americani.
Successivamente vennero prodotte anche la Hindi board, che mescolava la mitologia hindu e gitana, e la Mecca Board, dove la planchette era a forma di lampada di Aladino.
William Fund dunque aveva capito che se voleva guadagnare più soldi doveva aprirsi ad ogni mercato possibile e attirare le simpatie di ogni religioso americano.
Fund creò anche degli oli definiti miracolosi per curare i reumatismi, gli Ouija oils.
Ma la tragedia era dietro l'angolo.
Nel 1927 William Fund precipitò dal tetto di una fabbrica che aveva costruito anni prima, ispirato da una seduta spiritica.
Gli spiriti attraverso la tavola gli avevano consigliato infatti di espandersi nuovamente.
Fund riportò numerose fatture e morì in ospedale.
Sul letto di morte supplicò i figli di smettere di vendere le tavole ouija, perchè forse Helen Peters aveva ragione: non ci si può fidare degli spiriti.
I discendenti ovviamente non lo ascoltarono e continuarono l’attività di famiglia fino al 1966 quando vendettero tutto alla Parker Brother, che aveva sede a Salem, Massachusetts.
Non poteva esserci sede migliore per una tavola spiritica.
La Parker sarà acquisita anni dopo dalla Hasbro, che dal 1991 ad oggi possiede dunque il brevetto della tavola ouija.
La Hasbro vende ancora oggi la tavola come gioco di società, ma essa viene comunque venduta come strumento di divinazione da diverse aziende, la si può reperire anche online.
Chi si occupa seriamente di occultismo spesso è restio a vendere la tavola Ouija a chiunque, consapevole del potenziale di tale strumento. 
Dunque, cosa si nasconde davvero dietro alla natura di questo oggetto? 
Quali porte può aprire?
Il consiglio degli spiritisti è ovviamente di non utilizzare la ouija a cuor leggero, ma se proprio volete comunicare con gli spiriti usando la famosa tavola ci sono regole da rispettare, perché come abbiamo già detto, la Ouija non è un giocattolo anche se viene venduto come tale, ma uno strumento di comunicazione medianica tra i più potenti.
Non usate mai la tavola Ouija da soli.
Scegliete un luogo tranquillo, in cui vi sentite al sicuro, soprattutto ricordate di non comunicare con gli spiriti in siti di sepoltura, case infestate e luoghi dove si è compiuto un crimine violento.
Come prima cosa si saluta, un "buongiorno" non si nega a nessuno soprattutto agli spiriti.
Se si riesce a stabilire un contatto con un'entità spesso si è tentati di recitare la classica battuta cinematografica “Se ci sei batti un colpo!”.
Ecco, non chiedete mai allo spirito un segno fisico della sua presenza, limitatevi alla compitazione sulla tavola.
Chiedergli di manifestarsi facendo qualcosa nel nostro ambiente sarebbe come dargli il permesso di entrare nel nostro mondo.
Non fate domande riguardanti Dio, il Diavolo o l’Aldilà, mai chiedere la data della propria morte.
Trattate sempre gli spiriti evocati con cortesia e rispetto, non provocateli per ottenere una reazione, questo equivale a dar loro forza, e viene visto anch’esso come un invito specifico a manifestarsi.
Quando avete finito la seduta è molto importante congedare lo spirito salutandolo e ringraziandolo per aver parlato con voi, e ricordate di rimuovere la planchette dalla tavola.
Perché tante precauzioni, chiederete voi?
La risposta è semplice: quando stabilite un contatto non si può mai sapere chi c’è davvero dall’altra parte a conversare con voi, può trattarsi di uno spirito pacifico come di un’entità malvagia.
E l’entità maligna altro non vuole che varcare i confini del mondo oscuro per esercitare il suo potere nel nostro mondo, quindi, per la vostra sicurezza attenetevi a queste poche regole precise. 
Nei giorni a ridosso di Halloween il velo che ci separa dal mondo dei morti è più sottile.
Anni fa parlai con una sensitiva e lei mi spiegò che è sconsigliato cercare di contattare gli spiriti a Samhain e nelle notti che immediatamente lo precedono e lo seguono, perché i morti sono particolarmente inquieti in quei giorni, e potrebbe essere addirittura pericoloso, dato che non si può sapere chi varcherà quel velo, se uno spirito familiare affettuoso o qualche entità maligna.
Per qualche giorno è meglio evitare letture di tarocchi, divinazioni e soprattutto sedute spiritiche, in modo particolare se non siete esperte della pratica.
Esiste un gioco giapponese molto simile all’occidentale tavola Ouija, ne ho trovato traccia nelle mie recenti ricerche, e devo dire che è stata una scoperta interessante.
Si chiama Kokkuri-San.
Il termine Kokkuri in giapponese indica l’azione di muovere qualcosa in su e in giù, tipico di quando si compita sotto la guida di uno spirito.
Lo spirito che viene evocato è uno solo, il Kokkuri-San, che ha le sembianze simili a quelle di volpe o di procione, ed è famoso per essere imprevedibile. Imbroglione ma anche fedele, malizioso ma anche gentile.
Per giocare a Kokkuri-san si deve essere almeno in due persone, occorrono un foglio di carta, una penna, un pennarello rosso e una moneta.
Sul foglio di carta i partecipanti disegnano con un pennarello rosso un "torii”, un cancello tradizionale giapponese, il torii rappresenta la via d’entrata e di uscita attraverso cui lo spirito potra' muoversi.
Con la penna si scrivono "SÌ” e "NO", in giapponese ovviamente, ai lati del torii, e sotto di esso si scrivono di numeri da 0 a 9, infine le lettere dell’alfabeto giapponese.
È importante lasciar aperte una finestra o una porta, in modo che il Kokkuri-san possa entrare e uscire dalla stanza.
Si inizia posizionando la moneta sul torii, e ogni persona presente mette il dito indice sulla moneta.
A questo punto si evoca lo spirito: "Kokkuri-san, Kokkuri-san, se sei qui, ti prego di spostare questa moneta.", e a turno i partecipanti pongono a Kokkuri-san qualsiasi domanda. Lo spirito a questo punto, se presente, sposterà la moneta, compitando le risposte lettera dopo lettera.
Il gioco si conclude salutando lo spirito, dicendo: "Kokkuri-san, Kokkuri-san, ti prego di tornare a casa." e si sposta la moneta prima sul SÌ è poi sul torii.
A differenza della tavola Ouija sono necessarie alcune precauzioni come distruggere il foglio o addirittura bruciarlo, e spendere il prima possibile la moneta usata per la seduta spiritica.
Questa varietà di tavole dedicate alla comunicazione medianica ci dimostra che l'uomo è sempre stato interessato a comunicare con il mondo degli spiriti, e nonostante questa curiosità ogni cultura è da sempre consapevole dei rischi che questo contatto può portare.
Quindi abbassate le luci, sedetevi, salutate gli spiriti e siate cordiali con loro.
Ma non dimenticate la regola più importante, quella che hanno imparato a loro spese molti di coloro che hanno commerciato in tavole Ouija.
Non importa cosa sentirete o vorreste sentire, non importa se e quanto vorrete aprire quella porta che ci separa dal mondo dei morti.
Gli spiriti lo sanno.
E gli spiriti mentono.




mercoledì 14 febbraio 2024

Buio in sala: "Il diavolo non si cura con le pillole", la tragica storia di Irina Cornici.



Questo articolo della rubrica Buio in sala dovrebbe avere un sottotitolo, che potrebbe essere “film bruttini”. 
Perchè il film di cui vi parlo non è malaccio, tiene abbastanza bene la tensione e il senso di mistero, ma ha scene un pò ridicole e un finale buttato alle ortiche.
Sto parlando di Crucifixion - Il male è stato invocato (The Crucifixion), film del 2017 diretto da Xavier Gens.
Il film, ambientato nel 2004, parla di una giornalista americana, Nicole Rawlins, che si reca in Romania per scrivere un articolo su un caso agghiacciante di cronaca nera: suor Adelina Marinescu, poco più che ventenne, è stata, crocifissa, torturata e uccisa durante un crudele esorcismo nel convento in cui viveva da Padre Dumitru e altre suore, convinti che la ragazza fosse posseduta dal demone Agares.
Nicole è ovviamente scettica e inizia ad indagare aiutata da un giovane monaco, per arrivare a scoprire la verità.
Come dicevo il film è interessante ma non è certamente un capolavoro dell’horror, non rimarrà negli annali. 
Tuttavia vale la pena parlarne perché il film è ispirato a un fatto di cronaca avvenuto in Romania nel 2005, l’esorcismo della novizia  Irina Maricica Cornici.

Irina nasce nel 1981, a Jana, in Moldavia.
Vive ai margini del villaggio con i genitori, Elena e Ion, e il fratello Vasile, e la sua infanzia non è semplice. 
La Romania è guidata dal dittatore Nicolae Ceaușescu, che ha fatto cadere il Paese, soprattutto le zone rurali, in una terribile povertà e miseria.
La famiglia è povera, la madre a un certo punto decide di andarsene.
Il padre per sfamare i figli comincia a derubare le fattorie vicine, fino a che non viene scoperto e condannato a 4 anni di prigione. 
In seguito a questa condanna si suicida impiccandosi in un fienile. I bambini rimarranno giorni da soli, a vegliare il corpo del padre.  
Quando le autorità scoprono il corpo gli assistenti sociali prelevano i bambini e li mandano in un orfanotrofio, la Casa del bambino di Barlad. 
Sotto il regime di Ceaușescu gli orfanotrofi sono al collasso, tanti bambini, troppi, anche in consegnuenza delle leggi contro l’aborto volute dalla moglie del dittatore.
Così le adozioni vengono gestite in modo sbrigativo e pragmatico, ad esempio Vasile nel 1999, a 16 anni, viene adottato insieme ad altri ragazzini da una famiglia che possiede una fattoria a Cuptoare, figli adottivi come manodopera gratuita fornita dallo Stato.
Irina invece resta nell'istituto. La ragazza è timida, introversa, ma molto intelligente, e si diploma con successo al liceo agricolo. Una ragazza come tante, che gioca a calcio, ascolta musica pop e Celine Dion. Dopo il liceo Irina ottiene il permesso per andare a lavorare come ragazza alla pari in Germania, presso una famiglia della bassa Baviera. 
Il suo sogno è diventare indipendente, comprare una casa in Romania, finalmente vivere la sua vita. In Germania Irina è felice, stringe qualche amicizia, si integra e in poco tempo riesce a mettere da parte circa 4.000 euro. 
Nei suoi viaggi in patria riallaccia anche i rapporti col fratello Vasile e si trasferisce nella fattoria dei suoi genitori adottivi, gli racconta dei suoi progetti, vuole comprare una casa non molto distante dalla fattoria, per stare vicini.
Nel 2005 Irina sconvolge tutti con una decisione inaspettata: vuole farsi suora.
Tutti quelli che la conoscono sono stupiti, Irina non ha mai manifestato prima questa decisione, né ha mai dimostrato particolare interesse per la religione.
Si vocifera che qualcuno la stia costringendo.
Forse la ragazza è stata in qualche modo convinta dalla sua migliore amica dell’ orfanotrofio, Paraschiva Anghel, che ha preso i voti ed è andata a stare nel monastero di Santa Trinità di Tanacu. Irina è andata spesso a trovarla e forse è rimasta affascinata da quella vita. 
Nel mese di aprile del 2005 va al monastero accompagnata dal fratello Vasile e vi rimane per capire se è pronta per diventare una novizia.
Qui Irina conosce padre Daniel, all’anagrafe Petru Corogeanu.
Padre Daniel è una figura importante nel convento e non solo, tutta la comunità contadina della zona lo considera pari a un santo.
Petru, padre Daniel, è un uomo che ha saputo sfruttare con il giusto tempismo la caduta del regime di Ceaușescu.
Nel 1989 cade il regime, il dittatore e la moglie vengono fucilati, e il Paese va in crisi.
Il popolo non ha una guida, è stato abituato a venerare il dittatore, a seguire le sue leggi, e ora non sa che fare.
E qui si insinua la chiesa ortodossa rumena.
Dopo 40 anni di ateismo, in una Romania spaventata, povera e ignorante arrivano i pope a portare speranza e a dettar legge.
Ogni villaggio ha un prete come punto di riferimento spirituale, e non solo, ciò che dice lui è legge, è parola di Dio ed è incontestabile.
Si ritorna ad una ortodossia cupa, che instilla paura ma promette salvezza.
In Moldavia, dove si svolge la vicenda, e nelle zone più povere della Romania il misticismo trova terreno fertile. La gente, sfinita e amareggiata, trova confortante sentirsi ripetere che questa miseria è colpa del Diavolo, e che la preghiera e la devozione potranno rovesciare le sorti del loro destino.
In questo contesto Petru Daniel Corogeanu trova la sua dimensione.

A 19 anni aveva cercato fortuna come calciatore, senza successo, aveva fallito persino all’università dello sport di Bucarest.
 A 29 anni capisce che il settore su cui buttarsi è la religione, per sfruttare il risveglio spirituale della chiesa ortodossa rumena. 
Viene definito un estremista dai suoi compagni di seminario.
Pregava più di tutti, non svolgeva nessun lavoro manuale perché riteneva togliesse tempo alla preghiera. Inoltre, secondo lui bastava pregare e Dio avrebbe accolto ogni richiesta.
Corogeanu si dichiara subito contrario ad ogni innovazione, modernità, è un fanatico che trova subito soddisfazione nella venerazione ed ammirazione che riceve dai fedeli e dalle monache del monastero di Tanacu.
È qui che nel 2005 incontra Irina, intenzionata a prendere i voti.
Irina dopo pochi giorni al convento, il 9 aprile, ha un violento esaurimento nervoso, ha allucinazioni e delira, si rotola per terra e cerca di farsi del male.
Le suore e padre Daniel pregano, invocano salvezza, ma alla fine sono costretti a portarla in ospedale. I medici che la visitano parlano di deliri persecutori e febbri ricorrenti, così gravi che la ragazza verrà ricoverata in terapia intensiva.
In ospedale il fratello non va mai a trovarla, vanno quattro monache di Tanacu, inviate da padre Daniel. Le religiose insistono perché la ragazza venga dimessa, e non solo, inviano qualcuno a recuperare i soldi di Irina, nascosti nella fattoria della famiglia adottiva di Vasile, dicono che li useranno per pagare un’eventuale terapia.
Alla fine i medici le diagnosticano una schizofrenia in fase iniziale e le viene prescritto un antipsicotico, lo ziprex. 
Irina viene dimessa, torna nella casa dei genitori adottivi a recuperare alcune cose, e i pochi soldi non prelevati dalle suore, circa 500 euro.
Torna al monastero e prende le medicine, migliora, è più lucida, tanto che comprende di non avere una vera vocazione, decide di non prendere più i voti, vuole realizzare il suo sogno di essere libera, indipendente.
Forse era stata la malattia a farle vedere cose, sentire voci, a farle credere di volersi fare suora.
Ne parla con padre Daniel che con sua grande sorpresa respinge la sua richiesta, non le permette di lasciare il monastero e non solo, interrompe la terapia farmacologica di Irina. 
Questo diniego fa cadere Irina nello sconforto, forse nella depressione, sicuramente nella paura. 
Dopo mesi di prigionia il 9 giugno 2005 Irina ha un’altra crisi: è violenta, urla parole oscene, insulti.
Forse finge sperando di essere portata in ospedale e scappare, forse, probabilmente, la sua patologia non curata si è aggravata.
Ma questa volta Irina non viene portata in ospedale, viene sottoposta a un rito di esorcismo.
Perché Irina, secondo padre Daniel, è colpevole di qualche terribile peccato mai confessato, e per questo il demonio l’ha posseduta, e il diavolo non si cura con le pillole, sostiene padre Daniel.
E Vasile concorda.
Sì, perché Vasile, il fratello di Irina, è presente all’esorcismo, e dà il suo benestare ad ogni cosa il pope proponga.
Padre Daniel chiede, Vasile autorizza.
Irina viene rinchiusa nella sua cella, legata con delle corde.
Dopo una tentata fuga viene portata nella chiesa e qui viene immobilizzata con delle catene a polsi e caviglie, crocifissa su due barelle disposte a croce, lasciata senza cibo né acqua. 
Le mettono in bocca un asciugamano perché non urli volgarità, le bagnano le labbra con l’acqua benedetta.
Nel frattempo attorno a lei padre Daniel prega, recita esorcismi, accompagnato da quattro suore che pregano con lui e controllano la ragazza nei momenti di pausa.
Il 15 giugno gli aguzzini liberano Irina, secondo padre Daniel la ragazza è finalmente libera. Le danno da bere e mangiare, ma Irina collassa, dopo un po' si accorgono che Irina non si muove più, non reagisce, e la portano in ospedale.
I medici constatano che è morta da almeno 24 ore per arresto cardiocircolatorio, causato dalla disidratazione, dallo sfinimento e per mancanza di ossigeno.
Padre Daniel sostiene che Irina non è morta in monastero ma in ambulanza, che è stato per colpa delle iniezioni di adrenalina dei paramedici
Padre Daniel dichiara: “Mi considero non colpevole perché la morte di Irina Cornici non c’entra col motivo per cui l’abbiamo tenuta intrappolata. L’abbiamo legata perché lei continuava a colpire e danneggiare se stessa e alla fine l’avremmo trovata morta nella sua stanza. Lo ammetto la legai e le misi un asciugamano in bocca e la tenni così per cinque giorni…. Quattro suore mi hanno aiutato a legarla e hanno custodito Irina per giorni. Hanno cercato di darle cibo e acqua, ma lei rifiutava. Tutto quello che accettava era acqua santa…. Il mio errore più grande è stato quello di chiamare l’ambulanza quando ho visto che non si muoveva…. Se non avessi chiamato l’ambulanza, sarebbe stata bene ora. Era l’ultima tappa del suo esorcismo ed è normale che una persona posseduta da demoni svenga quando tutte le preghiere finiscono. Si sarebbe ripresa.”
Anche la badessa del convento Nicoleta Arcalianu sostiene che la ragazza è stata legata perchè non si facesse del male. Addirittura sarebbe stata Irina a chiedere loro di legarla e liberarla dal maligno.
I medici sostengono invece che la ragazza sia arrivata già priva di vita.
I medici in ospedali notano i segni di legatura sul corpo di Irina, e avvertono le autorità. Padre Daniel e le suore complici vengono arrestati e accusati poi di omicidio aggravato.
Padre Daniel nel 2007 è stato condannato a 14 anni di carcere, poi ridotti a sette. L'ex badessa, Nicoleta Arcalianu, è stata condannata, nel 2008, a sei anni di carcere e le altre tre suore, Adina Cepraga, Elena Otel, e Simona Bardanas a cinque anni di carcere ciascuna. Verranno scarcerate nel 2010. Nel 2011 Petru Daniel Corogeanu viene liberato sulla parola. 
Non si può più chiamare padre Daniel, in quanto lui e le suore sono stati scomunicati dalla Chiesa ortodossa che ha definito ciò che hanno fatto “abominevole”; anche il monastero di Tanacu viene chiuso. 
Ma è una scelta ipocrita, come scriveranno i giornali. In Romania l’esorcismo viene praticato da pope ortodossi senza autorizzazione e in modo arbitrario.
Lo stesso Corogeanu ha dichiarato: "Sono sorpreso da tanto clamore, l'esorcismo è una pratica comune nel cuore della Chiesa ortodossa romena, i miei metodi sono perfettamente noti agli altri preti".
Infatti Corogeanu non è nuovo a questi metodi, altre volte aveva celebrato esorcismi sui fedeli, a centinaia dicono i testimoni, solo che “nulla era mai andato storto”, riferiscono. 
Forse perché questa volta il pope si è accanito in maniera crudele sulla povera ragazza.
Una suora al processo racconterà di aver visto Irina legata in cantina, sdraiata a faccia in giù, nei giorni precedenti all'esorcismo.
La morte di Irina Maricica Cornici ha mostrato un lato oscuro dell’Europa dell’est, della Romania, dove sembra esistere ancora un retaggio dei tempi più bui, con una popolazione di fedeli cieca e sorda, inebetita dalle parole terrificanti dei pope.
La scomunica di Corogeanu ha causato una sommossa nel villaggio, e ha gettato i fedeli nella disperazione. Perchè secondo loro Irina era davvero posseduta e padre Daniel l’ha liberata dal male.
Il monastero è stato costruito dai fedeli solo 5 anni prima, e non vogliono che venga raso al suolo, è un loro caposaldo, così come lo era padre Daniel.
Il fratello di Irina, Vasile, è andato spesso in tv e ha difeso il lavoro di Corogeanu: “Mia sorella era posseduta, non aveva confessato i suoi peccati e il diavolo l’ha presa. Padre Daniel ha agito secondo le Scritture.”
Nel villaggio di Irina invece c’è l'indignazione, il vero diavolo è il pope, non quella povera ragazza innocente. 
E c’è chi accusa “Volevano solo rubarle i soldi.”
Sì, quei 4000 euro che Irina aveva risparmiato e che le suore avevano fatto prelevare per pagarle le cure, ancora prima che i medici emettessero una diagnosi.
Chi ha preso quei soldi? Possono essere stati il motivo reale per cui è stata così brutalmente uccisa?
Irina voleva lasciare il monastero, portando ovviamente con sé i suoi risparmi. Ma padre Daniel ha detto di no, imprigionandola di fatto nella sua cella.
Forse un patto diabolico, tra Daniel e Vasile, per tenersi i soldi? Dopotutto parliamo di una cifra alta, abbastanza da comprare una casa.
O forse Vasile ha sfruttato il fanatismo del pope per impossessarsi dei beni della sorella?
Sono domande che non riceveranno mai risposta.
Ma alla domanda su che fine abbiano fatto gli autori di questo terribile omicidio invece possiamo, parzialmente rispondere.
Il monastero di Tanacu non è stato demolito, è ancora lì, e ora ospita solo monaci maschi.
Delle ex suore e del fratello di Irina non si hanno notizie, ma diversi giornali rumeni hanno seguito le tracce di Daniel Corogeanu dopo la scarcerazione.
L’ex sacerdote del Monastero di Tanacu è stato rintracciato dai giornalisti di Libertatea nel 2013 nel villaggio di Portari, contea di Vaslui.
Gli abitanti del paese hanno rivelato che Daniel Corogeanu viveva in una casa appartata e che è molto riservato.
Il sito Vice.com ha intervistato Corogeanu nel 2017, e l’ex pope ha dichiarato: "Sai, adesso sono felice. Ho capito le cose. Commettiamo errori continuamente, ma abbiamo imparato che la salvezza è ora, qui, in noi. Intorno, in questa natura, tra questa gente semplice con il suo cibo autentico e la sua fede semplice…ho fatto il calciatore finché non sono diventato monaco. Ma Dio preferisce un criminale che si converte a un cristiano noioso che si limita a imitare la liturgia.”
Alla domanda se crede nel diavolo Corogeanu rispose: “Il diavolo esiste solo se lo sgridi.”
Secondo le informazioni di FANATIK Petru Corogeanu non vive più nella contea di Vaslui.
Nel 2019 si trasferisce nel comune di Suceava, Preutești, dove gli è stata regalata una vasta proprietà. 
Su questi terreni Corogeanu ha costruito degli eremi, in zone isolate nella foresta. Inizialmente la gente del luogo, incuriosita, ha iniziato a fargli visita, vedendolo come un specie di santone eremita.
Ma poi dopo circa un anno è stato riconosciuto e nel 2020 i parrocchiani lo hanno cacciato via, inorriditi dal suo passato.
Il suo eremo ora è gestito da alcune suore.
Da allora non si hanno notizie di Petru Corogeanu.
Speriamo di non averne mai.


NdA: C’è anche un altro film, di genere drammatico, che è ispirato a questa tragica storia vera:
Oltre le colline (După dealuri) del 2012 diretto da Cristian Mungiu.
Il film ha vinto il Prix du scénario e il Prix d'interprétation féminine al festival di Cannes del 2012.