Queste persone sono dette Giusti tra le nazioni.
I giusti, in ebraico tzaddikim, sono
persone non di religione ebraica che hanno rispetto per le leggi basilari che Dio ha consegnato agli uomini, tra le quali non uccidere e non commettere il male.
Secondo il Talmud babilonese ogni generazione nascono 36 uomini giusti che grazie al loro operato cambieranno il destino dell'umanità.
Citando il Talmud:
«Ci sono almeno 36 uomini giusti in ogni generazione che manifestano di contenere la Presenza di Dio. È scritto, felici coloro che attendono il Suo arrivo!»
Solo nel 1963 la Corte Suprema di Israele istituì una commissione il cui compito era rintracciare queste persone e assegnare loro l'onoreficenza di Giusto tra le nazioni. La Commissione è composta da 35 membri tra cui ci sono volontari, storici, studiosi e nei primi anni contava anche dei sopravvissuti alla Shoah.
La Commissione, basandosi sulle testimonianze dei sopravvissuti e incrociando numerose documentazioni è riuscita negli anni a rintracciare migliaia di uomini e donne in tutto il mondo che hanno rischiato e sacrificato la loro libertà e la vita stessa per salvare gli ebrei dai campi di sterminio e dalla morte, senza chiedere nulla in cambio, solo perché era appunto giusto.
Sono state valutate le storie di coloro che hanno aiutato gli ebrei a nascondersi, di chi ha prodotto documenti falsi per celare la loro identità e di chi li ha aiutati ad espatriare per fuggire ai rastrellamenti.
Secondo il sito dello Yad Vashem, aggiornato nal primo gennaio 2020, sono stati insignite del titolo di Giusto ben 27.712 persone.
Ai Giusti è dedicato un bellissimo giardino all'interno del complesso museale. All'inizio veniva piantato un albero per ogni Giusto, ora per mancanza di spazio i nomi vengono incisi su un muro di marmo all'interno del parco.
L'idea del giardino venne a Moshe Bejski (1921-2007) ebreo polacco sopravvissuto alle persecuzioni naziste che divenne poi magistrato in Israele.
Durante la prigionia Bejski sentì parlare di Oskar Schindler e della sua fabbrica di munizioni, dove lavoravano numerosi prigionieri del suo campo.
Bejski riuscì a farsi assegnare a un lavoro nella fabbrica e lì negli anni partecipò al piano di salvataggio ideato dall'imprenditore cecoslovacco, aiutando a falsificare i documenti che avrebbero permesso a lui e ad altri ebrei di fuggire dalla Polonia e salvarsi.
Molti anni dopo in Israele raccolse le testimonianze di chi come lui era stato salvato da Schindler, che grazie a questi resoconti nel 1993 venne riconosciuto come Giusto tra le nazioni.
Oskar Schindler è probabilmente tra i Giusti più famosi, anche grazie al bellissimo film di Stephen Spielberg "Schindler's list".
La pellicola ha reso celebre ai profani un'altra citazione talmudica, «Chi salva una vita salva il mondo intero».
Affermazione appropriata per descrivere il valore dell'operato dei Giusti tra le nazioni.
Ma scorrendo le incisioni poste in quel suggestivo giardino si possono trovare anche nomi e storie italiane.
734 di quei quasi 28.000 Giusti sono italiani, è possibile leggere i loro nomi in un documento reperibile sul sito ufficiale dell'Ente.
Alcune storie sono molto conosciute, pensiamo a Giorgio Perlasca, commerciante padovano che a Budapest salvò numerose famiglie ebree fingendo di essere un diplomatico spagnolo; Gino Bartali, il campione del ciclismo che trasportò documenti falsi nella sua bicicletta; e Carlo Angela, padre di Piero e nonno di Alberto (che non necessitano di presentazioni), che nascose antifascisti ed ebrei nella sua clinica.
Le loro storie sono state spesso raccontate da documentari e fiction.
In quella lista ci sono anche i nomi meno noti di persone di fede.
Se da una parte, come abbiamo già detto, c'è un Vaticano che mantiene col Reich un rapporto ambiguo, dall'altra abbiamo sacerdoti e suore che hanno messo in pratica il più puro degli insegnamenti cristiani: ama il prossimo tuo.
Don Eugenio Bussa, che ospitò nella casa della sua parrocchia in Val Brembana tanti bambini ebrei facendoli passare per orfani di famiglie cattoliche.
Ruffino Nicaccio, frate francescano di Assisi, e il vescovo Giuseppe Placido Nicolini che diedero protezione a numerosi ebrei all'interno dei conventi della città umbra e nelle case adiacenti e si prodigarono per reperire documenti falsi per i fuggiaschi, che vennero consegnati proprio da Gino Bartali.
Il cardinale fiorentino Elia Angelo Dalla Costa, già conosciuto per il suo antifascismo, fornì rifugio a perseguitati politici, fuggitivi ed ebrei.
A Firenze il cardinale collaborò con una rete di
volontari cristiani ed ebrei, guidati dal rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dall'antifascista ebreo Raffaele Cantoni.
Questa rete che prendeva il nome di DELASEM (Delegazione per l'Assistenza degli Emigranti Ebrei) operò in Italia tra il 1939 e il 1947 e si occupava di garantire aiuto economico agli ebrei deportati e perseguitati.
Dalla Costa incaricò il parroco fiorentino Leto Casini di fondare un comitato che potesse aiutare l'opera del DELASEM fornendo alloggi, viveri e documenti falsi.
Questi ultimi furono inviati anche nei conventi di Assisi dove i già citati Nicolini e Nicaccio.
Un valido alleato del cardinale fu anche in Suor Maria Agnese Tribbioli, madre superiora di un convento di Firenze che nascose nelle soffitte dell'edificio che dirigeva molte famiglie ebree, registrandole semplicemente come degli sfollati.
Si racconta che suor Maria fronteggiò i soldati tedeschi che volevano perquisire i sottotetti e non li fece passare usando il suo corpo come ostacolo,, in nome della pace che regnava in quel luogo sacro. Di fronte a tanta determinazione i soldati se ne andarono.
E come loro tanti altri.
Ci sono poi le storie di gente comune, alcuni non sono mai stati insigniti del titolo di Giusto nonostante il loro operato riconosciuto meritevole, di altri si sono perse le tracce e il loro nome non sarà mai inciso in quel giardino a Gerusalemme.
Sono vicini di casa, colleghi, amici, ma anche perfetti sconosciuti che di fronte all'ingiustizia si sono schierati a favore dei più deboli.
Un gesto coraggioso e rischioso.
Eppure spontaneo e mai messo in discussione fino alla fine del conflitto.
Diceva Bartali:
«Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca.»
E infatti molte di queste persone finita la guerra sono tornati alla loro vita senza forse nemmeno rendersi della grandiosità del gesto che avevo compiuto.
Perché era appunto spontaneo, umano. Semplicemente giusto.
«Though nothing,
nothing will keep us together.
We can beat them,
forever and ever.
Oh, we can be heroes
just for one day.»
Heroes, David Bowie