venerdì 15 luglio 2022

Musica D(')Annata: mister D e i Rolling Stones.


Musica rock e satanismo sono uno stereotipo che ancora oggi fa fatica ad essere sfatato.
Scrisse Il celebre esorcista Gabriele Amorth nel suo libro "Nuovo racconti di un esorcista": "...vi sarete accorti che i temi generali sono sempre gli stessi: ribellione contro i genitori, contro la società, contro tutto quello che esiste, la liberazione di tutti gli istinti sessuali, la possibilità di creare uno stato anarchico, per far trionfare il regno di Satana."
Amorth descrive addirittura quattro principi su cui si baserebbero i dischi consacrati a Satana.
Prima di tutto il ritmo, il beat, che richiama un rapporto sessuale frenetico; e poi l'intensità del suono, che raggiungendo i 7 decibels scatenarebbe sentimenti di depressione e ribellione; il terzo principio è la presenza di messaggi subliminali all'interno delle canzoni, versi occulti che istigherebbero i giovani ad avvicinarsi al satanismo; infine il quarto elemento risiede nella consacrazione vera e propria del disco durante una messa nera.
Un gruppo che spesso è stato tacciato di perorare segretamente la causa del satanismo sono i Rolling Stones.
In particolare la figura del loro frontman Mick Jagger subito scatena il panico tra i benpensanti.
Il cantante britannico è screanzato, provocante con quei capelli spettinati e le labbra carnose, e i pantaloni attillati con gambe da galletto.
Mick Jagger si muove in modo scatenato e sensuale, balla senza controllo e coinvolgente, non fa mistero di aver sedotto decine e decine di donne. Si vocifera anche uomini.
I Rolling Stones nascono in Inghilterra negli anni ‘60, fin da subito raccolgono consensi tra il pubblico grazie ai loro brani che sapientemente mescolano blues, rock a hard rock.
Ancora oggi le loro tournée sono sold out, e Il 12 Luglio 2022 hanno festeggiato i sessant’anni di attività.
I Rolling Stones però il nome del diavolo non si limitano a sussurrarlo, no, lo dicono tranquillamente parlando di lui in diverse canzoni. 
Il dito dei benpensanti viene puntato ad esempio sul brano Tops, in cui Jagger direbbe, molto velocemente a voce bassa, "Ti amo, disse il diavolo".
Nel 1969 esce un album dal titolo molto provocatorio, “Their satanic majestic request”. Il titolo vuole scimmiottare l’espressione inglese “Her Britannic Majesty requests”, ma l’immaginazione dei bigotti galoppa su terreni mefistofelici.
Nel 1973 esce l'album “Goat's head soup”, la zuppa di testa di caprone, già questo titolo in sé basterebbe a fare sussultare i benpensanti.
Nel disco è presente la traccia "Dancing with mister D", dove D sta per Devil, il diavolo.
Jagger balla insieme a mr D in un cimitero, una danza che ricorda un rito voodoo.
Il diavolo assume molte forme, una bella donna, uno stregone, la morte.
Mister D che ha la capacità di rendere libero ogni uomo. 
Ma anche di renderlo schiavo.
Il diavolo aveva già parlato attraverso le labbra sensuali di Mick Jagger in un precedente album del 1968 Beggar's banquet. 
In questo album gli Stones tornano sulle sonorità blues e folk, perchè come disse Keith Richards “Mi ero stancato di quella merda del Maharishi, delle perline e dei campanelli.” 
Un album registrato nel Sussex che è un ritorno alle origini della band, ma che si appresta anche ad essere uno spartiacque nella carriera degli Stones.
Lo stesso anno i Rolling Stones devono affrontare due fatti tragici.
Durante il festival rock ad Altamont, dove si esibirono, si verificano una serie di violenze sul pubblico e su alcuni artisti, ad esempio Jagger venne preso a pugni da un fan, e la kermesse si concluse addirittura con un omicidio. 
Il secondo avvenimento tocca la band sul piano più personale. 
Brian Jones, uno dei fondatori del gruppo, muore annegato sotto l'effetto di droga nella piscina della sua villa.
Già da tempo pare ci fosse molta acredine tra Jagger/Richards e Jones.
Gli eccessi di quest’ultimo erano diventati un problema. Troppa cocaina, LSD, alcol, troppi festini a base di droghe stavano minando la sua salute fisica e mentale. La sua asma peggiorò, così come le crisi e le paranoie.
Di solito socievole e gentile Jones poteva diventare insostenibile quando si drogava.
Necessitava di un costante bisogno di rassicurazioni, ma il suo comportamento altalenante non lo rendeva facile.
Jagger e Richards iniziarono a staccarsi da lui, pur coinvolgendolo ancora nel lavoro della band. Il suo contributo divenne sempre minore, la sua assenza spesso causata dall’abuso di droghe e alcol.
Aggiungiamo che mentre era ricoverato in ospedale la sua fidanzata, la modella italiana Anita Pallenberg, scappò con Keith Richards.
Nota di colore, Richards e la Pallenberg si disintossicarono insieme e rimasero insieme per anni ed ebbero tre figli insieme.
Il suo ultimo contributo alla band fu appunto suonare alcuni strumenti nella realizzazione di alcune tracce di “Beggar's Banquet”.
Quando si presentò in studio Jones chiese a Jagger: "Cosa posso suonare?", e Jagger gli chiese a sua volta "Non so Brian, cosa riesci a suonare?”
Spesso Jones si allontanava per piangere di nascosto, ormai disilluso e stanco.
La sua caduta umana e musicale è immortalata in One plus one, il film del regista francese Jean Luc Godard.
Il film è composto da cinque storie scollegate tra loro, tra queste c’è un episodio in cui si documenta la realizzazione di Sympathy for the devil.
Finito l’album Brian Jones lasciò i Rolling Stones e sprofondò in un nuovo abisso di depressione, alcol e droga.
A causare la morte un banale scherzo di un suo amico che gli aveva tenuto la testa sott'acqua, ma Jones, troppo intontito da Alcol e droghe, era svenuto a causa dell'apnea ed era scivolato sul fondo della piscina, morendo poco dopo.
Una morte assurda, tragica, e per molti sospetta.
Oltre all'ipotesi che tutto questo parlare del diavolo e della morte abbia scatenato un karma negativo, esiste anche la teoria chiamata Club 27.
Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison, morti tutti all'età di 27 anni tra il 1969 e il 1971. 
E prima di tutti quel Robert Johnson, chitarrista blues di cui abbiamo parlato prima.
Artisti dall'incredibile talento, le cui vite sono state caratterizzate dalla dissolutezza, dall'abuso di alcol e droga. 
E chissà se non ci ha messo lo zampino qualche diavolo, nel portarli via così presto.
Dopotutto tutti suonavano la sua musica, con quel ritmo forsennato, senza controllo e senza pudore.
Negli anni '90 cominciò a circolare una leggenda metropolitana non più legata al mondo della magia nera che parlava di un ex militare dell'esercito americano che negli anni '70 avrebbe ucciso diversi cantanti rock il cui nome conteneva la lettera J, iniziale del nome della figlia.
Infatti a loro l'uomo attribuiva la colpa della morte per overdose della ragazza durante un concerto rock a 27 anni.
Ma questa è un'altra storia.
Una canzone in cui possiamo apprezzare il contributo di Brian Jones e della sua slide guitar è “Sympathy for the Devil”.
Gli Stones registrarono questo brano seduti per terra, in circolo, sul pavimento dello studio di registrazione.
In Sympathy for the devil troviamo il diavolo, esplicito e senza messaggi subliminali.
Il testo del brano viene cantato da Jagger in prima persona dal punto di vista di Lucifero.
Il diavolo parla, il racconto scandito da un ritmo samba semplice quanto incalzante, e da una melodia che proviene dal profondo Sud americano.
 "Prego lasciate che mi presenti, sono un uomo facoltoso e di buon gusto. È da tanti anni che sono in giro, rubai molte anime e sottrassi molta fede agli uomini.
Ed ero lì quando Gesù Cristo
ebbe il suo momento di dubbio e dolore.
Mi assicurai che Pilato se ne lavasse le mani
sigillando così il suo destino.
Piacere di conoscervi
Spero che indovinerete il mio nome
ma ciò che vi lascia perplessi
è la natura del mio gioco."
Questo l'incipit della canzone, e da qui il diavolo racconta di come fosse stato presente durante la rivoluzione russa, durante l'esecuzione dei Romanov, è presente quanto viene assassinato Kennedy.
E alla fine di questo autocelebrarsi rivela la sua identità, senza tanti giri di parole, e pronuncia un monito:
"Proprio come ogni poliziotto é un criminale
tutti i peccatori santi
e come le teste sono code
chiamatemi solo Lucifero
poiché ho bisogno di un po' di riservatezza
Così se mi incontrate
abbiate un po' di cortesia
abbiate un po' di solidarietà, e un po' di gusto,
usate tutta la vostra cortesia
oppure io trascinerò la vostra anima alla perdizione."
Mick Jagger si è ispirato a il maestro e Margherita, romanzo dello scrittore russo Bulgakov, uscito pochi anni prima.
Il libro racconta di come il diavolo faccia proseliti travestendosi da professore dell'alta società moscovita e impartendo lezioni sulla vita, sulla religione, sulla politica.
Il Lucifero di Jagger ha un atteggiamento molto simile, dispensa verità a chi lo ascolta e rendendosi estremamente pericoloso verso coloro che non gli mostrano rispetto.
Inutile dire che la canzone scatenò i gruppi fondamentalisti cristiani, che tacciarono subito il gruppo di essere adoratori del diavolo.
Il verso della canzone che recita "Guardavo con gioia mentre i vostri re e regine combattevano per dieci decenni per gli Dei che avevano creato", riferimento alla guerra dei cent'anni, venne inteso come un inno al satanismo e all'ateismo, a seconda di chi puntava il dito contro la band.
Come se già non si sprecassero le insinuazioni Mick Jagger nel 1969 scrisse la colonna sonora di un film, Invocation of my demon Brother, a cui parteciparono come attori Anton LaVey, il fondatore della chiesa di Satana, e Robert "Bobby" Beausoleil, colui che in futuro sarà ricordato come uno dei seguaci assassini di Charles Manson. 
Tornando al nostro tema, inevitabile che dopo questo eventi tragici i complottisti più agguerriti mettessero insieme i tasselli di un fantasioso puzzle e iniziassero a sostenere una connessione tra i Rolling Stones e il satanismo, e che il brano Sympathy for the Devil fosse una canzone maledetta destinata a causare solo morte e dolore.
La band per qualche tempo cavalcò l'onda di questa diceria, dato che era comunque un'ottima pubblicità.
Anni dopo lo stesso Jagger smentirà queste accuse, dicendo che in fondo Sympathy for the Devil è solo una canzone e che era ridicolo che qualcuno all'epoca si fosse impegnato a cercare dei significati nascosti o dei messaggi subliminali.
Ma Sympathy for the Devil, a mio modesto parere, non è solo una canzone.
Con buona pace degli autori il testo ci dice molto di più.
È innegabile che questo brano sia a tutti gli effetti un trattato di demonologia in musica. 
Lucifero si presenta seduttivo, gentile, un gentiluomo capace di confondersi tra gli uomini e camminare tra loro, in grado di assumere diverse forme per confondere e tentare.
È un ingannatore, che è uno dei significati della parola Satàn.
Non rivela subito il suo nome ma sciorina le sue credenziali.
Soprattutto nella canzone viene descritto il suo modus operandi, che trova riscontro nella caratterizzazione biblica del personaggio. 
Lucifero è sempre presente quando avvengono eventi drammatici, ma non è lui a compiere il male.
A farlo è l'uomo.
È Pilato a condannare Gesù, non il diavolo.
Sono stati dei rivoluzionari a uccidere i Romanov, lui è lì e sente Anastasia gridare, ma non preme il grilletto.
Si gode lo spettacolo delle guerre di religione senza prendervi parte.
Grida e chiede a gran voce "Chi ha ucciso i Kennedy?", ed ecco che qui l'intento del diavolo si rivela.
La strofa termina con un'affermazione chiara: "dopotutto siamo stati tu ed io".
Il diavolo dispone, tenta, propone, l'uomo dal canto suo si fa sedurre e agisce.
Il male seppur istigato da altri ricade su chi lo ha commesso.
Ed è dell'uomo la responsabilità finale, ciò che determinerà la sua salvezza o dannazione.
Per la fede cristiana la tentazione diabolica non è un'attenuante. E su questo gioca il diavolo.
Inganna, seduce, promette, fino a che l'uomo cede e compie il male, prendendosi inevitabilmente tutta la colpa.
E Lucifero non ne fa mistero, "è la natura del mio gioco", come dice la canzone.
Un gioco che sembra diabolico ma è estremamente umano.
I fatti descritti nella canzone sono l'evidente dimostrazione che l'uomo, libero di scegliere, spesso ha deciso di perseguire il proprio interesse e benessere anche a discapito di altre vite.
In questo senso il diavolo di Mick Jagger e quello di Anton LaVey si sovrappongono rivelando la realtà estremamente umana del male.
Perché umana è la libertà di scelta, quel tanto nominato libero arbitrio, che quando è guidato dall’egoismo e dall’indifferenza produce il male.
E come si può leggere nel testo della canzone degli Stones questo male è così seducente, perché è così facile da eseguire rispetto alla fatica della responsabilità del bene, ecco allora che lo si ripete, più e più volte, e si diffonde attraverso le epoche e i personaggi.
In Sympathy for the Devil possiamo leggere questo monito.
Era voluto che la canzone ci dicesse anche questo? 
Forse sì, come dicevamo Jagger si era ispirato all'opera di Bulgakov.
Molto probabilmente no.
Come abbiamo già detto, Mick Jagger stesso dirà che è semplicemente una bella canzone. 
Ad ogni modo, con buona pace dei Rolling Stones, il brano ci porta a riflettere su questa libertà così fragile e abusabile, che può essere pervertita dall'uomo stesso oppure, se si è persone di fede, dal diavolo.
E in questo contesto forse la teologia e suoi rappresentanti che tanto hanno bistrattato la musica rock potrebbero capovolgere la prospettiva da cui l'hanno sempre guardata.
Sarebbe bello se certe canzoni venissero usate per raccontare la demonologia, per spiegarla al pubblico.
In fondo non è una soluzione così bislacca, è storicamente già accaduto.
La teologia si accosta alla discussione di un tema con rispetto e per questo usa un linguaggio che rispecchia tale atteggiamento, è quello degli studiosi e degli accademici, di chi opera numerose ricerche e cerca di rimanere fedele a un certo stile divulgativo.
Il discorso trattato, le sue tematiche, però rischiano di non arrivare a un vasto pubblico di uditori.
L’arte invece può raggiungerlo: può permettersi di non essere rispettosa o diplomatica, può usare un linguaggio immediato e diretto, a volte forse volgare sia nel senso di scurrile che inteso come popolare.
L’arte ha sempre aiutato la teologia a raccontare ai fedeli le storie bibliche e a veicolare dei messaggi, gli affreschi nelle chiese e nelle cattedrali ne sono prova evidente.
Se pensiamo al nostro tema il pensiero va alle danze macabre, agli affreschi raffiguranti l’inferno, il più famoso indubbiamente si trova nella Cappella Sistina in Vaticano.
Pensiamo alla Divina commedia.
Col passare dei secoli questo ausilio è venuto meno, ma l’arte ha continuato a parlare di Dio, di Gesù, del diavolo e lo ha fatto in maniera sempre più laica, più libera, non sempre fedele alle interpretazioni classiche e Canoniche, ispirandosi magari ad altre posizioni sulla materia, incontrando spesso la disapprovazione delle autorità religiose che non apprezzavano tali iniziative.
Ma questo ostracismo è sbagliato dato che queste rappresentazioni laiche, soprattutto quelle cinematografiche e musicali, sono riuscite a descrivere il diavolo e la sua azione sul mondo in modo incredibilmente conforme alla teologia.
Sympathy for the Devil abbiamo visto ne è un esempio.
Non solo conformità alla teoria, ma anche una chiarezza che come dicevamo certi testi pomposi non hanno.
La musica, le arti figurative, il cinema, la letteratura sono di tutti e per tutti.
Credenti, agnostici, atei.
Perché anche quando tratta tematiche religiose l'arte non ha necessariamente l'intento di convertire, non vuole fare proseliti, ha solo l'intenzione di raccontare una storia per fare riflettere. 
Un ateo che guarda il Giudizio universale di Michelangelo nella Cappella Sistina rimarrà ateo anche una volta uscito dai musei vaticani, ma quell'esperienza lo avrà reso più ricco. In cultura, certamente, ma non solo. 
E così chiunque ascoltando Sympathy for the Devil potrebbe forse porsi una domanda di fronte a quei versi.
Chiedersi da quale parte della storia si trovi.
Chiedersi come sta usando il suo libero arbitrio.
So che questa mia provocazione cadrà nel vuoto, però è bello fantasticare che un giorno, quando un teologo vorrà discorrere del diavolo, sentiremo risuonare la suadente voce di Mick Jagger che ci invita dicendo 
"Prego, lasciate che mi presenti…"


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