domenica 17 gennaio 2021

Musica D(')annata: Il violino del diavolo.


C'è una casa a Nizza, una villa bellissima appartenuta al conte di Cessole, su cui girano strane voci.
Anche se non ci abita più nessuno gli abitanti del paese lì vicino raccontano che in quella magione succedono cose bizzarre.
Al calare delle tenebre luci misteriose si accendono, sfavillano alle finestre, si odono voci indistinte, e c'è una musica, una sonata per violino che si diffonde tra gli alberi del giardino, accarezza i sentieri, giunge fino alle case del paese.
Il trillo del diavolo, qualcuno azzarda.
Non ne è solo un epiteto, è proprio il titolo di questa melodia.
Il trillo del diavolo è un'opera per violino scritta da Giuseppe Tartini, compositore del 1700, il quale racconta di aver trovato l'ispirazione per quel brano in un sogno in cui il Diavolo si presentava al suo cospetto per comprare la sua anima.
Tartini aveva chiesto a Messere Satana se sapesse suonare il violino, ed egli aveva afferrato lo strumento e aveva eseguito con maestria una sonata bellissima quanto inquietante, la più bella che il Tartini avesse mai udito.

(Il sogno di Tartini, disegno di Louis-Léopold Boilly (1761-1845))

"Una notte del 1713 sognai di aver fatto un patto col diavolo. In cambio della mia anima, tutto sarebbe andato secondo i miei ordini. Il mio nuovo servitore anticipava tutti i miei desideri. Pensai di passargli il mio violino per vedere come se la cavava, e grande fu il mio stupore quando sentii una sonata così unica e bella, eseguita con una tale superiorità e intelligenza che non avevo mai udito nulla di simile. Non avevo mai neppure immaginato che potesse esistere una musica così incantevole. Provai un senso di piacere – di rapimento, di sorpresa – talmente intenso che mi sentii mancare il respiro: la forza di questa sensazione fece sì che mi risvegliassi all’improvviso.", scrisse Tartini in una lettera molti anni dopo.
Una volta sveglio il compositore aveva immediatamente trascritto la melodia sullo spartito.
In realtà il Diavolo altro non è che una metafora, rappresenta il violino, strumento tanto amato dal Tartini da fargli abbandonare la famiglia per poterlo suonare da professionista.
Il violino è il vero solo e unico tentatore per l'anima del Tartini.
Violino, strumento che la Chiesa stessa ha guardato con sospetto per secoli, uno strumento in odore di zolfo per il suo suono seducente.
La leggenda su quella casa a Nizza non smise mai di circolare tra gli abitanti della zona, anzi, venne rinvigorita dalla presenza negli anni successivi di un altro compositore e violinista in odore di dannazione.
Sto parlando di Niccolò Paganini.
In quella casa il genio genovese passò gli ultimi anni della sua vita e vi morì il 27 maggio 1840 a soli 58 anni.
Quel Paganini che in vita fu misterioso, magrissimo, pallido, gli occhi neri e il naso infossati in un viso ossuto, la bocca sottile, le occhiaie, i capelli, neri anch'essi, sempre scarmigliati e lunghi.
Un uomo dall'aspetto macabro ma affascinante a cui le donne infatti non sapevano resistere.
E nemmeno gli uomini, intesi come ammiratori della sua musica, dei suoi virtuosismi, e invidiosi del suo successo col pubblico femminile.
Tante amanti, si vocifera avesse sedotto addirittura alcune sorelle Bonaparte.
Il nero era il suo colore, neri i vestiti, gli occhiali dietro cui nascondeva lo sguardo, neri i cavalli che trainavano la sua carrozza, nera anchessa.
Suonava un prezioso Stradivari le cui corde, così raccontano alcune dicerie, erano state fabbricate con le viscere di un'amante di Paganini suicidatasi perché voleva che l'artista portasse sempre con sé qualcosa di lei.
O forse era stato proprio Paganini ad ucciderla, in molti avevano udito negli anni strazianti urla di donna provenire dalla camera da letto del musicista.
Più probabilmente erano grida d'estasi, data la fama di donnaiolo delluomo.
O forse le melodie stridenti prodotte dal suo suonare.
Ad ogni modo Paganini finì in carcere, ma non per questo orrendo delitto.
Il motivo della sua carcerazione non fu l'omicidio ma la sua condotta non proprio onorevole.
Nel 1815 la famiglia di una sua giovane allieva accusò Paganini di averla messa incinta, pertanto il nostro dovette passare una settimana in prigione.
E in quella angusta cella il Diavolo in persona si sarebbe palesato davanti a Paganini offrendogli un accordo: gli avrebbe donato un talento fuori dal comune, una maestria incomparabile nel suonare il violino in cambio della sua anima, peraltro già molto tormentata.

E ovviamente, vuole la leggenda, Paganini aveva accettato.
D'altronde l'artista non aveva poi ripreso e eseguito in diversi concerti una celebre sonata di quel violinista altrettanto diabolico, tale Giuseppe Tartini, Il trillo del diavolo, per celebrare questo patto infernale?
Le voci a riguardo si sprecavano, come si può intuire.
Paganini non le smentì mai, anzi, le alimentava con frasi e commenti accennati, si dice che pagasse alcune persone per diffondere notizie contraddittorie sul suo conto.
Un divo prima dell'invenzione del divismo, un esperto di marketing si direbbe oggi, consapevole che qualunque pubblicità, buona o cattiva, aiutava a vendere i biglietti dei suoi concerti, ovviamente sempre, come diremmo adesso, sold out.
Le voci sulla natura diabolica del talento di Paganini crearono anche ostilità nei suoi confronti, drappelli di gruppi cristiani cercarono di impedire i suoi concerti, ma il pubblico che lo adorava era più numeroso, e molto suggestionabile.
Più di uno spettatore giurò di aver visto una oscura figura accanto al violinista italiano, come se qualcuno muovesse le corde al posto suo.
Il noto poeta Heinrich Heine presenziò a un concerto di Paganini e scrisse successivamente nella sua opera Florentinische Nàchte: 
"Dietro a lui sagitava uno spettro, una beffarda natura di caprone e talvolta vedevo due lunghe mani pelose toccare le corde dello strumento suonato da Paganini."


Satana in persona dunque, sul palco a prendersi gli applausi assieme a Paganini.
Non dubito che al Diavolo sarebbe piaciuto molto avere questo onore.
Nella realtà Niccolò Paganini fu tutt'altro che diabolico: lo dimostra la scarsa destrezza col gioco d'azzardo, perdeva irrimediabilmente ingenti somme di denaro, lì a quanto pare il Diavolo non lo aiutava come nella musica.
Si diceva fosse avaro, in verità era un generoso filantropo che sovvenzionava artisti indigenti e si prodigava a favore dei malati, e soprattutto provava un affetto smisurato per il suo unico figlio, Achille (1825-1895), avuto da una relazione con la cantante Antonia Bianchi, che si era dileguata pochi anni dopo la nascita del bambino per contrarre un matrimonio più vantaggioso. Paganini le offrì 2000 scudi affinché lei rinunciasse ad ogni pretesa sul bambino, e lei accettò di buon grado.
Achille e il violino, i grandi vero amori della sua esistenza.
Paganini amava a tal punto quel piccino da arrabbiarsi ferocemente e cacciare una delle governanti che accudivano suo figlio quando scoprì che lo aveva picchiato per punirlo. 
Paganini aveva avuto un padre violento, tiranno, che lo picchiava quando non eccelleva nelle arti musicali, che lo costringeva ad estenuanti lezioni di violino per ottenere la perfezione. Paganini infatti già a 7 anni, secondo i racconti, era in grado di replicare una melodia appena ascoltata.
Il padre lo costrinse a suonare per un pubblico fin da piccolo pur di ottenere cospicui guadagni, e se il piccolo Niccolò non eccelleva veniva picchiato ed affamato.
Quindi Paganini aveva davvero incontrato un diavolo, dopotutto.
E nonostante ciò aveva trasformato quel violino da tormento a poesia.
Niccolò non sarebbe mai stato un padre così orribile per Achille, si era ripromesso, lo avrebbe vezzeggiato e amato, rinunciando a importanti concerti per stare con lui.
Il figlio indubbiamente ricambiava tale affetto e dedizione, e gli fu accanto negli ultimi istanti della vita vissuti in semi indigenza e piena agonia. 
Paganini infatti era malato, lo era sempre stato, sin da piccolo.
La salute cagionevole di natura congenita, lo stress e la stanchezza causate dalle estenuanti prove a cui lo sottoponeva il padre facevano di Niccolò un bambino sempre ammalato di febbre, malattie polmonari, fino a un virulento attacco di morbillo, che lo portò al coma.
Aveva 6, forse 8 anni, le fonti non sono certe, quando accadde. 
Ciò che è sicuro è che lo credettero morto.
E gli organizzarono il funerale, lo avvolsero nel sudario, pronti a seppellirlo. 
Vivo.
Per fortuna un inconscio movimento della mano venne notato dai presenti, e Niccolò evitò una terribile fine.
Una malattia in particolare fu determinante per Paganini, la sindrome di Marfan.
Questa patologia colpisce i tessuti, ne altera la composizione e la presenza di collagene, e porta spesso con sé, come in questo caso, un difetto fisico detto aracnodattilia, che aveva regalato a Paganini dita lunghe e mobili, capaci di contorcersi sulle corde del violino, e quindi la capacità di eseguire melodie complicate e veloci. 
Difetto che Paganini trasformò in arte, nonostante i forti dolori articolari che curava con l'oppio.
La tosse lo tormentò per tutta la vita, a volte questi eccessi duravano per ore, lo spossavano a tal punto che non riusciva a esibirsi o a mangiare.
Contrasse la sifilide che lo indebolì tanto quanto la cura usata a quei tempi per combatterla, il mercurio.
Fu quest'ultimo a dare il colpo di grazia al suo aspetto fisico, a trasformare il suo volto in una maschera pallida e smunta che però rimaneva affascinante e seducente, come abbiamo già constatato.
Infine contrasse la laringite tubercolare che gli causò una necrosi dell'osso della mascella e dovettero estrargli tutti denti inferiori, a quel punto gli divenne impossibile parlare.
Fu forse per questo che gli venne negata l'estrema unzione sul letto di morte.
Spesso si legge che egli stesso la rifiutò, in realtà Paganini scrisse un biglietto che consegnò al figlio Achille:
"Scriverò i miei peccati su una lavagna, così il prete potrà cancellarli direttamente."
Achille portò questa missiva al parroco della chiesa lì vicino, Don Cafferelli, ma questi rifiutò di assistere il violinista nei suoi ultimi istanti.
Che parli, che racconti i suoi peccati, se vuole l'assoluzione.
Un gesto impietoso e orgoglioso.
Paganini avrebbe voluto parlare ma non poteva a causa della sua malattia, e a nulla valsero i tentativi di spiegazione da parte del figlio Achille, l'estrema unzione gli venne di nuovo rifiutata.
Questo rende ancora più vergognoso e perfido il comportamento del sacerdote.
E senza ricevere l'ultimo sacramento Niccolò Paganini si spense in quella villa a Nizza di proprietà del conte di Cessole, suo caro amico e tutore del figlio.
Anche dopo la morte la leggenda di Paganini continuò a vivere a causa della mancata sepoltura in terra consacrata.
Il corpo di Paganini venne imbalsamato e conservato prima nella cantina della villa e poi in un lazzaretto.
La notte i curiosi vi si recavano per cercare di vedere la salma, molti raccontavano di figure mostruose che ballavano mentre risuonavano le note spettrali di un violino.
A questo punto la bara venne sepolta sotto a un oleificio per sottrarla a queste morbose attenzioni.
Le spoglie saranno sepolte a Parma solo nel 1876, dopo anni di richieste e suppliche da parte del figlio Achille.
Ma c'è chi sostiene che l'anima del violinista sia rimasta lì in quella villa di Nizza, dove ancora oggi pare che il diavolo si diletti a suonare un invisibile violino nelle notti senza luna.
Forse è così.
Io preferisco pensare che Paganini e Tartini in quei saloni affrescati si divertano a duettare in un celestiale trillo del diavolo. 


Per chi volesse godersi una biografia romanzata di Niccolò Paganini consiglio il film del 2013 da cui ho tratto le foto che hanno colorato questo articolo, Il Violinista del diavolo, di Bernard Rose, magistralmente interpretato da David Garrett, violinista di fama internazionale che presta il volto e le mani a Paganini, e Jared Harris nel ruolo ambiguo e luciferino di Urbani, l'impresario dell'artista.


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