martedì 12 gennaio 2021

Il mistero che avvolge tra luci e ombre la Sacra Sindone.



La Sacra Sindone è senza dubbio una delle reliquie più discusse della fede cattolica.
Secondo la tradizione viene identificata come il sudario in cui venne avvolto il corpo di Cristo una volta deposto dalla croce.
La Sindone si presenta come un lenzuolo di lino su cui s'è visibile l'immagine di un uomo che presenta sul corpo segni di tortura e crocifissione, compatibili con ciò che ha subìto Gesù durante la sua Passione.
La sua autenticità è stata ed è oggetto di un lungo dibattito che oscilla tra fede e scienza.
Percorriamo velocemente la storia della Sindone.
Il primo proprietario della Sindone fu Goffredo di Charny, cavaliere e autore di libri sulla cavalleria francese, che nel 1353 fece costruire una cappella a Lirey, sua dimora, dove espose il lenzuolo, dichiarando che si trattava dell'autentico sudario che avvolse Gesù Cristo nel Santo Sepolcro.
Goffredo non rivelò mai come fosse entrato in possesso di tale reliquia, e questo ha indubbiamente contributo ad aumentare la curiosità attorno ad essa. 
Inutile dire che ci furono reazioni eclatanti a questa notizia.
Goffredo muore in battaglia a Poitiers nel 1356, ma suo figlio Goffredo II negli anni continua a mostrare la Sindone ai pellegrini.
Per un periodo egli nascose la Sindone, proprio per non rischiare che gli venga confiscata,
ma nel 1389 organizza una nuova ostensione, che porterà Pietro d'Arcis, vescovo di Troyes, a scrivere un memoriale di protesta contro di lui, per poi spedirlo al pontefice Clemente VII ad Avignone.
Il periodo storico è dei più complessi.
Siamo in un momento di spaccatura all'interno della cristianità, quel grande scisma che divise la Chiesa occidentale a causa dello scontro fra papi e antipapi che si contendevano il soglio pontificio.
Questo periodo vede la presenza di due Papi, uno a Roma e uno ad Avignone.
Proprio al Papa "francese" Clemente VII viene chiesto di pronunciarsi sull'autenticità di questa reliquia. Possiamo quindi dire che il dubbio sulla sua natura è antico quanto la sua comparsa in Europa.
Il vescovo d'Arcis e il suo predecessore da anni indagavano sulla reliquia e osteggiavano la sua ostensione, nel memoriale d'Arcis riporta le conclusioni dei teologi da loro consultati, che si erano pronunciati contro Goffredo sostenendo che la Sindone doveva per forza essere un falso, dato che i Vangeli non nominano tale sudario in modo tale da darvi importanza, e soprattutto non viene descritto per essere riconoscibile. I motivi di questo ostracismo vanno ricercati nel mero interesse economico, la Sindone attirava pellegrini paganti a Lirey, facendo quindi diminuire i guadagni della cattedrale di Troyes.
Anche Goffredo manderà al pontefice un memoriale per difendersi.
L'antipapa Clemente VII nel 1390 emana quindi una bolla pontificia che vuole essere un compromesso, che recita:
"Al fine di far cessare ogni frode, (dichiaro) che la Sindone non era il vero sudario di Gesù Cristo ma una figura o una sua rappresentazione." E ancora, "si dica ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a imitazione del Sudario."
Pertanto Clemente 
da una parte autorizza l'esposizione della Sindone purché si dichiari che si tratta di un opera pittorica.
Molti anni dopo, intorno al 1415, Margherita di Charny, figlia di Goffredo II, si auto elesse proprietaria del lenzuolo, essendo l'unica erede del padre, e inizia a organizzare un giro di ostensioni della Sindone per i pellegrini in giro per l'Europa, ovviamente a pagamento. 
Verrà espulsa da diverse città, per via del suo rifiuto di fornire i documenti che attestavano l'autenticità della reliquia. 
I Vescovi le chiedono di rinunciare alla Sindone, ma ella rifiuterà sempre, fino a che nel 1453 la vende ai duchi di Savoia, per sfregio ai vescovadi.
I Savoia conservano la Sindone a Chambéry, capitale del loro regno, e nel 1506 il Papa Giulio II dà loro l'autorizzazione per esporla al pubblico.
Si può dire quindi che le dichiarazioni di Clemente VII sono come decadute, e la Sindone viene accettata come autentica e diventa oggetto di pellegrinaggio e venerazione.
Nel dicembre 1532 avviene il famoso incendio che distrusse la cappella in cui la Sindone è custodita. Il lenzuolo viene tratto in salvo e rattoppato dalle suore clarisse di Chambéry.
Nel 1562 i Savoia trasferiscono la capitale del Regno da Chambéry a Torino, e qui verrà portata anche la Sindone, in occasione del pellegrinaggio dell'arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, nella città piemontese. 
La Sindone da allora rimarrà quasi sempre a Torino, fatta eccezione per alcuni spostamenti dovuti alla necessità di preservarla.
La curiosità sulla autenticità della Sindone, ormai accantonata da secoli, ritorna verso la fine del 1800, quando Secondo Pia, avvocato appassionato di fotografia, ottiene dal re Umberto I di Savoia il permesso di poter fotografare la Sindone. Le foto sono abbastanza note, e sorprendenti: "l'immagine della Sindone sul negativo fotografico appare 'al positivo', vale a dire che l'immagine stessa è in realtà un negativo.", scrive Secondo Pia.
Queste foto fanno riaffiorare l'interesse sulla Sindone, dando vita a una serie di studi e analisi.
Nel 1931 la Sindone viene nuovamante fotografata da Giuseppe Enrie, le sue foto confermano ciò che aveva mostrato Secondo Pia.
Nel 1959 viene fondato il Centro Internazionale di Sindonologia con lo scopo di promuovere studi e ricerche sulla Sindone di Torino.
Nel 1983 muore l'ultimo re di Italia Umberto II di Savoia, il quale lascia la Sindone in eredità al Papa. Eredità che spesso sarà contestata dallo Stato Italiano.
Da allora la Sindone viene periodicamente esposta affinché possa essere venerata dai pellegrini.
L'ultima ostensione si è svolta nell'aprile 2020 in forma televisiva a causa delle restrizioni per il Covid.
Da quasi un secolo la Chiesa, dopo le prese di posizione di molti pontefici, ha deciso di non esprimersi più riguardo l'autenticità della Sindone, ma ne autorizza il culto e la venerazione, e lascia che siano la fede personale e soprattutto la scienza a dare delle risposte. 
Negli anni '70 viene quindi fondato lo Shroud of Turin Research Project, un gruppo internazionale di ricercatori, fisici e chimici, il cui scopo è quello di esaminare la Sindone per verificare la sua autenticità.
Nel 1981 vengono pubblicati i primi risultati degli esami effettuati: il sudario non è stato dipinto, non ci sono tracce di pittura e tintura; si evidenzia che effettivamente un corpo martoriato è stato avvolto nel lenzuolo e ha lasciato la sua impronta e diverse macchie di sangue.
Nel 1982 viene autorizzato uno studio con la tecnica radiometrica del carbonio 14 che coinvolgerà ben tre laboratori, quelli di Oxford, Tucson e Zurigo.
Ad ogni laboratorio venne consegnata una striscia di stoffa di circa 10 mm x 70 mm, prelevati dallo stesso punto della Sindone.
Vennero anche prelevati campioni di controllo da altri reperti quali un sudario di sepoltura nubiana, un lembo di un bendaggio di una mummia e uno del mantello di San Luigi d'Angiò. Il tutto venne consegnato ai laboratori in cilindri metallici numerati sui quali non vi era alcuna indicazione sul loro contenuto.
Gli esami incrociati sui tessuti porteranno alla conclusione che la Sindone si tratta di un falso storico.
I risultati saranno pubblicati in un articolo apparso sulla rivista scientifica Nature di quell'anno, che recita: 
"These results therefore provide conclusive evidence that the linen on the Shroud of Turin is mediaeval.", ovvero,
"Questi risultati perciò forniscono la prova definitiva che il lino della Sindone di Torino è medioevale."
La prova del carbonio 14 ha stabilito infatti che il sudario è databile tra il 1260 e il 1390, intervallo di tempo che coinciderebbe con il ritrovamento e le ostensioni ad opera di quel Goffredo di Charny (1353) di cui abbiamo parlato all'inizio.
Pertanto secondo questo studio la Sindone si tratta di un artefatto creato in Europa in epoca medievale. Ricordiamo che Goffredo non rivelò mai dove avesse trovato la Sindone, e non esiste nessun documento o fonte che ci fa intuire dove essa possa essere stata conservata per così tanti secoli dopo la morte di Gesù; quindi lo studio implicitamente ipotizza che il lenzuolo sia stato creato ad hoc per essere esposto ai pellegrini, con annesso tornaconto economico.
Ma il mistero della Sindone non è affatto svelato.
Queste conclusioni non sono state accettate da tutti e hanno sollevato molte polemiche e critiche, c'è chi sostiene infatti che i risultati siano stati falsati a causa delle contaminazioni del tessuto avvenute nel corso dei secoli che farebbero pensare a un falso medievale quando invece il tessuto originale risalirebbe al primo secondo dopo Cristo.
Questo ha portato a nuovi studi sul Sacro Lino.
Un dato interessante è quello che è emerso negli anni dalle ricerche di diversi palinologi, ovvero scienziati dediti allo studio dei pollini.
Sì, perché sulla Sindone sono state ritrovate tracce di pollini originari del Medio Oriente, nello specifico appartenenti a piante usate per produrre gli oli e gli unguenti usati per i riti funerari in Asia Minore 2000 anno fa.
Questi studi, condotti per dimostrare l'autenticità del sudario, potrebbero fare vacillare l'ipotesi che la Sindone sia stata fabbricata in Europa tra il 1200 e il 1300.
Ma la presenza dei pollini, seppur ci può suggerire alcune soluzioni sulla natura e la storia del lenzuolo, non è in grado di dimostrare che la Sindone sia effettivamente il sudario di Cristo. 
Considerate le tracce ematiche rinvenute e l'impronta di un corpo umano sul tessuto si potrebbe semplicemente trattare del lenzuolo funerario di un uomo ebreo morto in quegli anni in Palestina e sepolto secondo i rituali dell'epoca.
Un uomo che però ha subìto evidenti atroci torture prima di essere crocifisso.
Una coincidenza? 
La storia ci viene in aiuto nel formulare una nuova ipotesi.
Si parla di un uomo morto durante l'occupazione romana, periodo storici in cui non era insolito che personaggio sovversivi venissero giustiziati in modo brutale.
Non possiamo però sapere se questo uomo che si è ribellato all'Impero fosse Gesù Cristo.
Le scienze storiche ci pongono un successivo quesito.
Che ne è stato della Sindone nei secoli precedenti alla sua esposizione in Europa?
Possibile che una reliquia di tale importanza non abbia lasciato traccia della sua presenza? 
A quanto pare è possibile dato che non ci sono fonti, documenti, nulla che ne attesti l'esistenza prima del 1353.
Sono state prodotte alcune ipotesi.
La più accreditata è che il lenzuolo sia stato ritrovato da qualche crociato durante le razzie in Terra Santa, portata in Europa e rivenduto come reliquia per una cospicua somma di denaro.
Un gesto comune per quegli anni, un tentativo di raccimolare del denaro da parte di quei soldati che non si erano arricchiti durante le Crociate.
Forse il lenzuolo è stato venduto proprio a Goffredo di Charny, che credette, o scelse di credere, che esso fosse il sudario di Cristo.
Esiste un'altra teoria, in cui la storia scivola nella leggenda, secondo cui la Sindone, come il sacro Graal, sia stato custodito gelosamente e venerato dai cavalieri Templari fino allo scioglimento dell'ordine. 
Sono tutte comunque ipotesi senza fondamento storico.
Se per un periodo l'interesse verso la Sindone si è come sopito, giunge dalla Spagna un nuovo studio, che cerca di trovare un equilibrio tra il dato scientifico e la fede nella reliquia.
Nel febbraio 2020 sono stati divulgati i risultati di un'analisi condotta dal dottor Bernardo Hontanilla Calatayud, specialista in chirurgia plastica all’Università di Navarra in Spagna, che sulla rivista Scientia et Fides ha pubblicato un articolo in cui sostiene che essa sia effettivamente il sudario di Cristo, e non solo.
Lo studio in questione ha analizzato le tracce e le impronte sul lenzuolo, arrivando alla conclusione che esse non rispecchiano il canonico rigor mortis di un cadavere:
"Basandosi sullo sviluppo della rigidità cadaverica, si analizza la postura del corpo impressa sulla Sindone. La presenza di solchi facciali indica che la persona è viva. La Sindone di Torino mostra segni di morte e di vita di una persona che ha lasciato la sua immagine impressa in un momento in cui era viva", lo si può notare, dice lo studio, anche dalla posizione delle braccia e delle mani che ricordano una persona in procinto di alzarsi.
Dunque secondo il professor Hontanilla Calatayud la Sindone mostrerebbe non solo la figura di Gesù morto, ma anche nel momento della sua resurrezione.
Una teoria audace, che indubbiamente dona nuova linfa a un dibattito sempre acceso e mai concluso sulla natura della Sindone.


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