Se come me siete appassionati dei Simpson queste trame vi sembreranno molto familiari.
Sono infatti episodi degli speciali di Halloween dei Simpson, “La paura fa 90” (Treehouse of Horror in originale).
Ma queste storie sono, come accade con molti episodi degli speciali di Halloween, parodie di un celebre film.
In questo caso parliamo di Twilight zone: the movie (Ai confini della realtà), del 1983, film ispirato alla famosa serie televisiva degli anni ‘50-’60, composto da 4 episodi diretti da un poker di registi, Joe Dante, John Landis, George Miller e Steven Spielberg.
L’episodio "Prigionieri di Anthony" (It's a Good Life) in "La paura fa novanta II" diventa "La Zona Bart" (The Bart zone, ovviamente un riferimento al titolo originale del film) dove Bart Simpson tormenta la sua famiglia e la città di Springfield, dove tutti sono costretti ad assecondarlo e a divertirlo.
Nell'episodio "La paura fa novanta IV" vediamo sempre Bart, questa volta alle prese con un gremlin che cerca di distruggere il pulmino della scuola per provocare un incidente, la storia viene intitolata "Terrore a cinque piedi e mezzo, che sarebbero un po' più di 2 metri" basato su "Terrore ad alta quota"
I Simpsons hanno omaggiato non solo questo grande classico del cinema di fantascienza ma anche la sua serie originale, uno dei miei preferiti ad esempio è la parodia de I piccoli uomini (The Little People) in La paura fa novanta VII, in La vaschetta della genesi (The Genesis Tub) Lisa Simpson crea una comunità di esseri umani microscopici (“Gente lillipuziana!” e “Ho creato i luterani!” griderà la bimba osservando al microscopio la sua creazione) in una vaschetta dove ha messo un suo dente da latte immerso nella coca cola.
Se le parodie ci fanno ridere, gli episodi originali di serie tv e film sono invece inquietanti e disturbanti.
Ma mai quanto una tragica vicenda che ha insanguinato il set cinematografico dell’episodio "Time Out", diretto da John Landis.
L’episodio ci racconta di Bill Connor, interpretato dall’attore americano Vic Morrow, un uomo diventato razzista e misantropo a causa di una lunga serie di fallimenti e delusioni personali.
Dopo aver perso una promozione in favore di un collega ebreo Connor va in un bar ad ubriacarsi e lì si lascia andare in un discorso contro gli ebrei, gli afroamericani e gli asiatici, a suo parere causa di tutti i problemi degli Stati Uniti.
Ha uno scontro con un afroamericano che gli intima di smetterla e lì Connor dichiara di essere migliore di tutti loro. Uscito dal bar scopre di essere finito nella Francia occupata dai nazisti, dove viene scambiato per un ebreo e rischia di essere ucciso.
Mentre fugge la linea temporale cambia nuovamente e Connor si materializza nell’Alabama degli anni ‘50 dove tutti lo vedono come un afroamericano e viene braccato dal Ku Klux Klan.
Durante la fuga all’improvviso si ritrova nella giungla vietnamita, inseguito da soldati americani per i quali lui ha le sembianze di un vietcong.
Alla fine Connor viene riportato all’inizio della sua avventura, nell’Europa devastata dalla Seconda Guerra Mondiale, e scopre di essere diventato nuovamente un ebreo, stavolta catturato dai nazisti, su un treno diretto ai campi di concentramento.
L’episodio finisce con la disperazione di Connor, che grida per essere salvato.
La vicenda si conclude in modo amaro e nonostante il potente messaggio anti razzista ci lascia una sensazione di angoscia, anche perché ci dà l’impressione di essere incompleta.
Infatti è così, manca qualcosa, perchè il finale in cui Connor viene deportato sul treno non era quello pensato inizialmente dagli sceneggiatori.
Nella versione originale il salto temporale nella giungla vietnamita doveva essere alla fine dell’episodio e non a metà, con Bill Connor che si redime salvando due bambini vietnamiti durante un attacco aereo americano.
L’attore Vic Morrow avrebbe dovuto pronunciare la seguente battuta: "Vi terrò al sicuro, ragazzi. Ve lo prometto. Niente vi farà del male, lo giuro su Dio".
Questo nobile gesto lo fa tornare nel suo tempo, cambiato, un uomo migliore.
La scelta di modificare il finale è stata necessaria a causa di un incidente avvenuto sul set il
23 luglio 1982 a Santa Clarita, California.
Tutto avviene mentre la troupe sta girando la scena in cui Connor si ritrova nella giungla e viene attaccato da un elicottero americano, dato che come dicevamo il pilota lo vede come un soldato vietcong.
Le riprese si svolgono di notte, in un ranch in mezzo a una folta vegetazione, un luogo che doveva ricordare la boscaglia del Vietnam, già usato per le riprese di molte serie tv degli anni’80.
Viene utilizzato un elicottero Bell UH-1 Iroquois, guidato dal veterano del Vietnam Dorcey Wingo.
Per ricreare un'atmosfera il più simile possibile a quella di una scena bellica vengono inseriti effetti speciali pirotecnici ed esplosivi.
Wingo non aveva mai lavorato nel cinema prima di allora, durante una scena di prova notò che l’elicottero tremava in modo anomalo in prossimità delle esplosioni. Lo riferì a un addetto del reparto effetti speciali che però gli suggerì di non dire nulla a Landis, il regista era conosciuto come un uomo molto permaloso, dispotico e certamente lo avrebbe fatto licenziare se avesse intralciato la routine delle riprese. Così Wingo, pensando che in fondo lui di cinema non ne sapeva nulla, decise di lasciar perdere.
Purtroppo.
Furono proprio le esplosioni a creare difficoltà al pilota.
Erano le 2.30 di notte quando si girò la scena.
Vic Morrow e gli altri attori, a terra simulavano la fuga dall’attacco americano, intanto Wingo faceva volteggiare l’elicottero sul ranch.
Le esplosioni, simili a delle palle di fuoco, avvolsero il velivolo e Wingo fu preso dal panico. Randall Robinson, il cameraman presente sull'elicottero, comincia a ricevere istruzioni confuse su cosa fare, quello che viene percepito è che si deve continuare a girare.
Da terra alcuni tecnici fecero detonare due cariche esplosive troppo vicine all’elicottero e Wingo, che ormai stava già volando a bassa quota, ne rimase accecato e perse del tutto il controllo del mezzo, che precipitò al suolo, proprio addosso a Vic Morrow e ai due attori bambini che interpretavano gli orfanelli vietnamiti.
Il pattino destro del velivolo schiacciò Renee Shin-Yi Chen, di 6 anni, successivamente l’elicottero si rovesciò e la sua pala principale trafisse Morrow e Myca Dinh, di 7, decapitandoli.
La madre di Renee, presente sul set, corse verso il corpo senza vita della figlia e inginocchiatasi su di esso iniziò a urlare.
A bordo dell'elicottero c’erano altre 6 persone, che se la cavarono con lievi lesioni.
Le indagini e il processo successivi all’incidente concentrarono tutte le responsabilità sul regista John Landis e il suo secondo assistente Andy House, l’assistente alla produzione Dan Allingham, il produttore George Folsey, il pilota dell’elicottero Dorcey Wingo e lo specialista di effetti speciali Paul Stewart.
Era la prima volta nella storia di Hollywood che un regista veniva incriminato per un incidente di tale portata avvenuto sul set.
Oltretutto non parliamo di un regista alle prime armi, parliamo di uno dei registi più apprezzati e richiesti del momento, che aveva all’attivo successi come Animal house, The blues Brothers, Un lupo mannaro americano a Londra, Una poltrona per due.
La procura decise di procedere con l’accusa di omicidio colposo, per la difesa il processo fu un gioco allo scaricabarile.
Il produttore George Folsey sostenne che se "Morrow avesse seguito le mie istruzioni si sarebbe potuta evitare questa tragedia, gli avevo detto più volte di non perdere mai di vista l'elicottero".
Anche il pilota Wingo disse che Morrow aveva avuto tutto il tempo di spostarsi, e specificò che non stava incolpando la vittima, ma sapere che l’attore avrebbe potuto fare qualcosa e non lo aveva fatto gli permetteva di vivere con serenità l’accaduto senza sentirsi responsabile. In fondo, dichiarò non c’era nulla che non andava nell'elicottero.
Lo stesso Vic Morrow aveva confidato a un amico di avere delle perplessità sullo girare una scena che comportava così tanti rischi, ma alla fine non si era tirato indietro e non aveva chiesto nessuna controfigura.
Le indagini rivelarono una serie di violazioni da parte della produzione e del regista sull’assunzione dei due bambini.
Myca e Renee erano stati assunti senza nessun contratto regolare dal regista Landis e dal produttore George Folsey jr.
I bambini erano figli di immigrati provenienti dall’Asia, i genitori non erano avvezzi alle dinamiche di Hollywood e non fluenti nella lingua inglese, per cui di tutto si era occupato Peter Wei-Te Chen, zio di Renee, che si era improvvisato agente e rappresentante delle famiglie e aveva accettato un pagamento in contanti senza far stipulare un contratto formale o un’assicurazione.
In questo modo i bambini avrebbero potuto non solo lavorare di notte, cosa proibita dalle leggi sul lavoro minorile nello spettacolo di quegli anni, ma anche recitare in una scena considerata ad alto rischio per la presenza di esplosivi e mezzi pericolosi.
Infatti all’epoca l’utilizzo degli elicotteri sui set cinematografici, a differenza di altri velivoli, non era bene regolamentato, per cui a piloti e registi era permesso fare praticamente di tutto.
Inoltre ai genitori dei bambini non venne rivelata la vera natura delle scene, il regista ne parlò solo con i piccoli attori che dovevano mantenere il segreto, e ovviamente non parlò loro della possibilità di farsi male.
In tribunale i genitori dei bambini testimoniarono di essere stati ingannati, che nessuno aveva parlato di scene con un elicottero a bassa quota né di esplosioni. Daniel Lee, padre di una delle vittime, disse di aver sentito il regista dire al pilota di volare basso, ma non aveva capito bene cosa volesse dire.
Oltretutto Lee era vietnamita, fuggito dal suo Paese dopo la guerra, e rimase inorridito dalle scene che venivano girate, con esplosioni che gli ricordavano le incursioni nel suo villaggio.
Se lo avesse saputo, testimoniò, non avrebbe permesso al figlio di recitare nel film.
Anche un altro testimone confermò che Landis sapeva che la scena era potenzialmente pericolosa, tanto da dire ai suoi collaboratori “Certo che è pericoloso, e non avete ancora visto nulla.”
Randall Robinson, il cameraman a bordo, testimoniò di non avere ricevuto istruzioni chiare mentre il pilota era in difficoltà.
L'assistente di produzione Dan Allingham diceva di allontanarsi dal set, invece Landis ordinava loro di abbassarsi ancora un po', perché la ripresa stava venendo benissimo, per poi aggiungere, testuali parole riportate da un altro testimone, il cameraman Stephen Lydecker, “…ma forse perderemo l'elicottero".
Lydecker pensò che Landis stesse scherzando, sdrammatizzando la situazione, ma chiunque avesse lavorato con Landis in precedenza sapeva che il regista non era tipo da fare battute, se diceva una cosa allora era vera.
Si scoprì che nessuno aveva avvisato i vigili del fuoco sulla tipologia di scene che sarebbero state girate, per cui sul set il personale non era sufficientemente preparato a gestire soccorsi tempestivi.
Il processo fu lungo e divisivo per l’opinione pubblica.
A un certo punto gli avvocati di Landis e della produzione proposero un accordo, si sarebbero dichiarati colpevoli di sfruttamento del alvoro minorile se la procura avesse fatto cadere le accuse di omicidio.
La procura, indignata, rifiutò.
il pubblico ministero Lea Purwin D'Agostino si dichiarò esterrefatta dal modo in cui tutti stavano incolpando le vittime e nessuno aveva il coraggio di dire di aver sbagliato.
Il processo, che si concluse nel 1987, assolse tutti gli imputati.
Secondo la Corte la tragedia era stata causata dalle esplosioni eccessive e dalla bassa traiettoria di volo dell'elicottero, un incidente che non dipendeva da errori umani.
Le famiglie delle vittime intentarono una causa civile per condotta sconsiderata e violazione delle leggi sul lavoro contro la produzione del film e ottennero un cospicuo risarcimento.
L’incidente di Ai confini della realtà portò Hollywood ad interrogarsi sugli standard di sicurezza sui set cinematografici.
Venne anche redatto e scritto un manuale sulla sicurezza, “Injury and Illness Prevention Program (IIPP) Safety Manual for Television & Feature Production.”
Il manuale ha la funzione di guidare gli addetti ai lavori su come intervenire tempestivamente in materia di sicurezza.
Vennero anche stabilite sanzioni per chi violava non seguiva le linee guida.
Grazie a questo gli incidenti sul set calarono del 70%.
Un argomento che ancora oggi viene discusso quando si parla di questa tragedia è il comportamento delle persone coinvolte una volta terminato il processo.
Andy House chiese che il suo nome venisse rimosso dai crediti del film e sostituito dallo pseudonimo Alan Smithee.
Questo nome, insieme alle varianti Allen Smithee, Alan Smythee e Adam Smithee, veniva spesso utilizzato quando, per diverse motivazioni, non si voleva far sapere che una determinata persona aveva lavorato a una produzione, oppure quando un autore o un regista voleva disconoscere la sua partecipazione a un film.
Un caso eclatante dell’utilizzo di questo nome riguarda il film Dune del 1984, dove il regista David Lynch, insoddisfatto del montaggio finale, chiese di non essere associato alla pellicola.
L’utilizzo di questo nome continuò fino agli anni 2000, e riguardò sia film che video musicali.
Un tasto dolente e molto discusso è la reazione del regista John Landis sull’accaduto.
Ad oggi Landis ha rifiutato di assumersi la responsabilità dell'incidente e ha continuato a incolpare le altre persone coinvolte nella produzione.
Il regista ha sempre evitato di rispondere a domande a riguardo, tra le sue poche dichiarazioni spicca questa, che è rimasta negli annali: "Non c'è nulla di lontanamente positivo in tutta questa storia. È stata un'enorme tragedia a cui non ho smesso di pensare per un solo giorno. Continua a perseguitarmi e ha avuto un profondo impatto sulla mia carriera, da cui potrei non riprendermi mai più".
Le dichiarazioni di Landis suonano più come autocommiserazione, il dispiacere è per la sua carriera rovinata che per la morte di tre persone.
Che poi in realtà la carriera di Landis non subì alcune ripercussioni e l’incidente non cambiò il suo atteggiamento dispotico sul set.
Un dettaglio interessante del processo è che Landis cercò di coinvolgere alcuni amici nella sua difesa, celebrità di Hollywood che avrebbero dovuto testimoniare la sua professionalità e buona fede.
Ma trovò solo tanti dinieghi.
Steven Spielberg, ad esempio, era co-produttore insieme a Landis del film ed era anche suo amico di lunga data. Dopo l'incidente tagliò ogni contatto con il regista a causa della sua totale assenza di rimorso per ciò che era accaduto.
Spielberg rivelò che quella tragedia lo aveva profondamente toccato e sconvolto, e che doveva portare tutti a riflettere su ciò che era accaduto in nome del profitto.
Tra le celebrità contattate da Landis c’era anche l’attore Eddie Murphy, che aveva già lavorato con il regista in Una poltrona per due nel 1983.
Ma Murphy non testimoniò, dopo aver visto il video della tragedia disse: "Non voglio dire chi era colpevole o chi era innocente. Ma se stai dirigendo un film e a due ragazzini viene tagliata la testa, quando non ci sarebbero nemmeno dovuti essere dei ragazzini che lavoravano lì di notte, e tu hai detto: "Azione!", allora hai una parte di responsabilità."
Nonostante questa presa di posizione Eddie Murphy chiese ai dirigenti della Paramount di far dirigere Coming to America, in italiano Il principe cerca moglie, a John Landis.
Una scelta dettata forse dalla pietà, visto che Landis faticava a trovare ingaggi:
“Avevamo lavorato insieme, era stato gentile con me quando ero agli esordi, sentivo di doverglielo, volevo dargli un'occasione per riscattarsi dopo il processo.”
Ma Murphy si pentì immediatamente della decisione.
Ancora prima ancora di essere assunto Landis pretese uno stipendio molto alto (che poi si concretizzò in 600.000 dollari), e lo studio accettò di pagare solo dopo che Eddie Murphy avesse garantito per lui.
Sul set Landis iniziò subito a causare problemi.
Famoso per il suo stile dittatoriale, non si smentì sul set del Principe e iniziò a trattare male cast e troupe.
Landis sfogò il suo risentimento su Murphy durante le riprese, secondo il regista infatti l’attore era colpevole di non averlo difeso apertamente durante il processo, poco importava se gli aveva trovato un nuovo lavoro.
“Mi trattava come un bambino di 5 anni. Ed ero stato io ad assumerlo!” racconta Murphy
Landis disse all’attrice Shari Headley: "Stai lontana da Eddie. Non avvicinarti a lui, perché ti scoperà e rovinerà il mio film. Vuole solo la tua figa".
Murphy ha raccontato: "Una delle sue cose preferite era dirmi: 'Quando lavoravo con Michael Jackson, tutti avevano paura di Michael, ma io sono l'unico che diceva a Michael 'vaffanculo!’.
Quindi Eddie non ho paura di dirti 'vaffanculo!”'.
E infatti lui mi diceva sempre 'vaffanculo, Eddie!'... Io lo ignoravo, ma ogni giorno c’era una cosa nuova per cui litigare.”
La tensione esplose quando gli sceneggiatori del film, Barry W. Blaustein E David Sheffield, andarono a visitare il set.
I due stavano lavorando su una serie tv con la società di produzione di Murphy.
Landis infastidito da quella presenza chiese loro cosa ci facessero sul set e loro gli spiegarono che stavano contrattando con Murphy sulla parte economica e volevano concludere velocemente.
Allora Landis davanti a tutto il cast e la troupe si mise a urlare: "Non vi ha ancora pagato? La sua compagnia dovrebbe pagarti! Non aver paura di chiedere i soldi a Eddie Murphy! Vai a chiedergli i tuoi fottuti soldi!”
A quel punto Murphy venne avvisato di ciò che stava succedendo e si precipitò sul set, vedendolo Landis urlò: "Eddie, la tua compagnia sta fregando questi ragazzi! Ragazzi, non abbiate paura di andare da Eddie e dirgli: 'vaffanculo!'"
Murphy a quel punto afferrò Landis per la gola fin quasi a strangolarlo, buttandolo a terra prima di andare via dal set.
Landis sull’esperienza dichiarò: “Eddie in Una poltrona per due era ancora un ragazzo giovane simpatico, gentile, invece nel Principe era un idiota, un maleducato, sempre in ritardo, ho dovuto riprenderlo spesso su questo. Però è un bravissimo attore, poco importa se ha causato qualche problema. Si è anche scusato con me.”
Due versioni incredibilmente discordanti.
Nonostante il successo del film Murphy si era ripromesso di non lavorare mai più con Landis dichiarando che: "Vic Morrow ha maggiori possibilità di me di lavorare con Landis".
Invece contro ogni pronostico i due avrebbero lavorato di nuovo insieme nel 1994 in Beverly Hills Cop III - Un piedipiatti a Beverly Hills.
Il film fu un disastro, così brutto da essere nominato a due Razzie Award, uno per John Landis come Peggior regista, e come Peggior remake o sequel.
Murphy non aveva nessuna voglia di recitare in questo sequel: “Non volevo farlo, non avevo nemmeno bisogno di soldi…ma c’era già una sceneggiatura, la Paramount aveva avviato la pre produzione. Avevano già chiesto e ottenuto soldi. Per cui o lo facevo o mi sarei messo contro la casa di produzione.”
Il sequel seguiva sempre le disavventure di Axl Fowley, ma mancavano gli altri attori iconici della saga, inoltre anche i produttori, a causa di diversi ritardi, erano stati cambiati, e la sceneggiatura ne uscì notevolmente indebolita.
“Non c’era un vero cattivo nel terzo film e la gente vuole vedere il cattivo, altrimenti l’eroe del film non ha senso.” disse Murphy.
John Landis anche in questo caso scaricò la colpa dell’insuccesso su altri, in particolare Eddie Murphy: "La sceneggiatura era per niente buona, ma ho pensato: "Fa lo stesso, Eddie la renderà divertente". Invece Eddie già il primo giorno mi disse: "Vedi John, Axel Foley è un adulto ormai, non è più un ribelle e un saputello.". Quindi, con Beverly Hills Cop 3, ho avuto questa strana esperienza in cui lui era molto bravo a recitare ma non faceva ridere. Io provavo a metterlo in situazioni divertenti e lui trovava un modo per aggirarle. Eddie è un attore brillante, solo che non era felice in quel periodo. Credo fosse invidioso di attori come Denzel Washington e Wesley Snipes che ottenevano sempre i ruoli migliori.”
L'attore Bronson Pinchot, che nel film interpreta il personaggio Serge, confermò la versione di Landis, dicendo che secondo lui Eddie Murphy in quel periodo soffriva di depressione ed era senza energie.
Al di là di queste note di colore, è evidente che la carriera di John Landis ha continuato a proseguire senza intoppi particolari, certo non si parla della direzione di capolavori del cinema, ma resta il fatto che il regista sia caduto in piedi.
Ad esempio, poco dopo la fine delle riprese del film Il principe cerca moglie Landis e consorte comprarono una tenuta da 3 milioni di dollari.
Fa riflettere il fatto che nel film ci sia una scena ambientata in tribunale, in cui il personaggio di Murphy grazie al suo stato sociale e ai soldi, riesce a sfuggire alla giustizia americana, per tornare a casa impunito con la nuova moglie.
A molti è sembrata una triste presa in giro, la soddisfazione di un impunito.
Richard Brooks, che era parte della commissione sicurezza della Directors Guild, fu uno di quelli che non si fecero problemi a rilasciare dichiarazioni a riguardo: “Il principe cerca moglie è stato un successo al botteghino, ed è ironico perché è stato stroncato da molti critici ed è stato diretto da quel John Landis…I nostri valori si sono rovesciati, è come nella Fiera delle vanità di Tom Wolfe.”
David Puttnam, produttore inglese, dichiarò che i doppi standard del mondo dello spettacolo erano sconvolgenti.
Puttnam era stato Ceo e presidente della Columbia Pictures, ma era stato licenziato dopo solo 13 mesi di mandato per le sue posizioni contro i salari esorbitanti delle star hollywoodiane: “La gente è fin troppo leale e tende troppo presto a scordarsi le cose quando riguarda alcune persone, e invece per altre non concede mai il perdono.”
Se Landis ha potuto vivere una vita agiata nonostante tutto lo stesso infatti non è capitato agli altri coinvolti nell’incidente.
Il cameraman Stephen Lyckeder, “Per anni non mi hanno assunto.” ha raccontato in molte interviste.
Lyckeder era stato il maggiore testimone dell’accusa e quando si proponeva per un lavoro ad Hollywood gli dicevano che era un piantagrane e che nessuno voleva lavorare con lui: “Pensavo che presto sarebbe finita, invece ancora non riesco a trovare ingaggi.”
Un'esperienza simile capitò a Roger Smith, un altro cameraman che era sull'elicottero e riportò molte ferite al collo e alla schiena.
Smith racconta di come sia rimasto sconvolto durante un evento organizzato in commemorazione delle vittime: “Landis prese la parola, non sembrava turbato, disse solo che gli incidenti capitano e che il film è immortale, Vic (Morrow) sarebbe vissuto in eterno. Disse anche che Vic lo aveva ringraziato per avergli assegnato quel ruolo! Tornando a casa ho chiamato Stephen (Lydecker) per raccontarglielo, e commentammo insieme che tutto sarebbe stato messo sotto al tappeto. E così è stato.”
Lydecker conferma ciò che aveva già detto Puttnam: “Ci sono doppi standard ad Hollywood, la gente non ti assume e ti dice che è per la tua sicurezza, in realtà hanno paura, perché se hai parlato una volta lo farai ancora.”
L’assistente Randall Robinson è della stessa opinione e rivela: “Ci sono tanti modi in cui ti fanno tacere, io ad esempio per quasi un anno non ho ottenuto ingaggi. La gente normale pensa che tu sia un eroe perché hai detto la verità, ma i tuoi colleghi invece ti evitano, ti considerano un traditore.”
A Robinson è stato diagnosticato un disturbo post traumatico da stress per ciò che è successo sul set de Ai confini della realtà.
Anche il pilota Darcey Wingo ha avuto numerosi problemi a farsi assumere, per anni è rimasto disoccupato.
Prima del film, dopo anni di servizio in Vietnam, Wingo girava gli Stati Uniti e il Sud America, accettando diversi lavori come pilota, “Andavo dove mi chiamavano, era bello vedere Paesi diversi.”
Poi però aumenta il bisogno di denaro.
Sua moglie Lourdes partorisce un figlio e Wingo deve provvedere ad entrambi e non solo, deve mandare denaro anche ai 12 fratelli della moglie, in Messico, rimasti orfani.
Un giorno un amico gli racconta che si può guadagnare molto facendo il pilota per le produzioni televisive e si propone.
Quando Dan Allingham lo aveva assunto per lavorare ne “Twilight Zone” Wingo aveva sperato che questo gli aprisse le porte di Hollywood, e dopo l’incidente ha creduto che la produzione si sarebbe stretta intorno a tutti i protagonisti della vicenda, “invece ha protetto solo i nomi più importanti, e sacrificato gli altri.”
I problemi per Wingo qui sono aumentati. L’aviazione gli ha tolto la licenza per 5 anni, il tempo che è servito a concludere tutte le indagini civili e penali, ed è rimasto quindi senza lavoro.
Wingo continua a sostenere di non aver mai saputo dell’assunzione illegale dei bambini, questa questione lo fa ancora arrabbiare.
Anni dopo ha fatto causa alla casa di produzione e Landis, che gli hanno staccato un assegno come risarcimento danni.
Wingo ha poi trovato lavoro presso una ditta di trasporti, sempre pilotando elicotteri, ma per anni ha sperato di essere ancora chiamato a lavorare nel cinema, “ma non mi chiameranno, il mio nome fa tornare alla mente quella brutta vicenda”.
L’addetto agli effetti speciali Paul Stewart racconta che per lui le cose si sono solo rallentate, poi ha ottenuto lavori per film importanti come Road house: “Per un pò non mi hanno assunto nessuno, poi finito il processo mi hanno chiamato di nuovo. Credo volessero capire come sarebbero andate le cose. Ho perso ogni diritto con La Warner Bros, ho dovuto vendere tutto per pagare il processo.”
Lo studio infatti aveva garantito la difesa solo a Landis, George Folsey and Dan Allingham, perché “Sono loro quelli che portano i soldi.” ha dichiarato Steward.
Il produttore associato George Folsey Jr. ha continuato a lavorare con Landis, sua è ad esempio la produzione di Il principe cerca moglie.
Il produttore Dan Allingham è rimasto parte del team di Landis e pare abbia lavorato con lui in anonimato.
Sull’incidente dice solamente: “Non lo dimenticherò mai ovviamente. Sono una persona sensibile, non posso buttarmelo alle spalle. Ma bisogna andare avanti, sono una persona religiosa e credo che ciò sia avvenuto per una ragione. Sono quelle esperienze che ti rendono più forte, migliore.”
Che è un pò la morale dietro all’episodio Time out de Ai confini della realtà.
Ma questa morale sarà stata abbracciata anche da Landis?
Molti pensano di no.
Il regista, un anno dopo l’assoluzione, ha voluto organizzare un party per celebrarla.
In molti hanno notato come questa festa fosse una cosa intima, dedicata a chi gli era stato vicino dopo la tragedia, un apprezzamento per chi era sempre stato ai suoi voleri più che un ricordo delle vittime.
Landis invitò anche i membri della giuria.
Il regista spiegò che li aveva invitati perché erano stati parte del processo, e qualcuno gli chiese se per la stessa logica allora avesse invitato anche i genitori di Renee Shin-Yi Chen e Myca Dinh.
Per i 12 membri della giuria, gli avvocati e due amici produttori Landis fece proiettare alla festa un'anteprima del film Il principe cerca moglie.
Interrogati sul perchè avessere deciso di accettare l’invito i giurati risposero che era per cortesia, che Landis aveva specificato che voleva ringraziarli per aver svolto il loro dovere di cittadino.
Uno dei giurati, Crispin Bernardo, raccontò di avere un scrapbook dedicato al processo, e un’altra giurata disse “ormai eravamo una famiglia.”
Questa festa ha ovviamente rinforzato la versione secondo cui Landis fosse indifferente alla tragedia e che si considerasse totalmente innocente.
Se i giurati si sono guadagnati una festa hollywoodiana le famiglie dei bambini si sgretolavano.
I genitori di Myca Le were divorziarono due anni dopo l’incidente.
La mamma di Renee Chen, Shyan-Huei Chen, non potendo dimenticare ciò che era successo ha iniziato a soffrire di depressione e stati d’ansia.
Stephen Lydecker ricorda ancora come Chen si sia inginocchiata davanti ai resti della figlia, “Credo di non aver mai sentito un pianto come quello, non lo scorderò mai. Questo mi fa capire che ho fatto la scelta giusta ad allontanarmi da quell’ambiente, non voglio stare su un set 16 ore al giorno, voglio stare con la mia famiglia, questo tempo con loro vale più di una
Roll Royce parcheggiata sotto a uno studio di produzione. Soprattutto non sono sicuro che di voler lavorare in un sistema che ti permette di uccidere tre persone per fare un film.”
Forse l’eredità della morale di Bill Connor non è andata totalmente perduta.
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