In Friuli Venezia Giulia i morti tornano in visita accompagnati dai rintocchi delle campane, e sono distinguibili dai vivi perché sulle loro braccia brucia una flebile fiammella, oppure stringono tra le mani una piccola candela, la candeleta.
Guai a disturbare la loro processione.
Una leggenda friulana narra che gli spiriti vaghino sulla terra, e chi dovesse incontrarne uno in una chiesa durante la notte morirebbe al sorgere del sole.
Pare che chi è nato nei primi giorni di novembre riesca a percepire il lamento dei morti.
Nelle case si apparecchiano le tavole con castagne lessate, del buon vino novello, pannocchie di granturco, pane appena sfornato, polenta.
Si intagliano zucche dalle fattezze di teschio e vi si mette un lumino all'interno, esse vengono lasciate sulle finestre per guidare il cammino dei morti
Qui l'usanza di recarsi di casa in casa a offrire preghiere per i morti in cambio di cibo si ripete anche a Natale e Carnevale.
Ai questuanti, soprattutto donne, veniva dato il kròstin, il pane dei morti.
Arriviamo in Liguria, dove si fanno grandi pulizie per accogliere i morti in visita.
I morti lasciano il cimitero in processione, due a due, vestiti con cappa e cappuccio nero, e si recano nelle loro case d'origine.
Qui trovano un lauto banchetto ad accoglierli: fagioli con le erbette, zuppe di cipolla, ceci, fave secche e dolci di mandorle.
Le chiese in questi giorni aprono le cripte al pubblico, e mettono in bella mostra scheletri e teschi.
Ai bambini questuanti si regalano castagne bollite e pane dolce.
In Veneto si intagliano le zucche per trasformarle in lanterne da lasciare alle finestre, in modo che gli spiriti usciti dalle tombe possano ritrovare la via del cimitero.
Anche qui i morti infatti ritornano a casa e per loro si preparano molte leccornie come focacce rustiche, il pane dei morti,la polenta con i fagioli e un bicchiere di buon vino.
Si abbrustoliscono i semi di zucca sul focolare, e si lasciano le bucce delle fave sotto al tavolo, un particolare omaggio agli spiriti.
Un dolce tipico sono le ossa dei morti, pasticcini di zucchero e mandorle tritate.
La sera del 2 novembre non si esce, ci si ritrova in casa a mangiare le caldarroste.
Molto suggestive sono le tradizioni della laguna veneta.
A Venezia guai a uscire la notte, o terribili braccia scheletriche vi porteranno via con loro.
Nei comuni come Caorle, Burano e Chioggia i pescatori non si avventuravano in mare, i morti annegati avrebbero certamente cercato di salire sulle loro barche, facendole rovesciare.
Nelle zone montane invece si deve fare attenzione a un cane nero da caccia, la cazza beatric, mandato dal diavolo per cibarsi degli esseri umani che incautamente si avventuravano fuori casa durante la notte.
I parroci iniziavano già alcuni giorni prima del primo novembre a raccimolare offerte per la recita del rosario per i defunti.
E anche in Veneto i bambini andavano di casa in casa chiedendo cibo in cambio di preghiere.
In Valle D’Aosta e Piemonte la festa dei morti è molto vicina nelle tradizioni a quello che era il capodanno celtico.
Una delle motivazioni era che in questi giorni scadevano i contratti agricoli, e per ogni famiglia quindi si trattava di un possibile nuovo inizio.
Anche qui si apparecchia una tavola per i defunti con i loro piatti preferiti affinchè possano ristorarsi, dopo cena si va alla messa al cimitero, lasciando gli spiriti liberi di mangiare in tranquillità e di predire il futuro dei loro cari, che ahimè non sono lì ad ascoltare.
Guai mettersi a spiare i loro discorsi, pena dispetti e addirittura la morte.
Dato che i morti vagano per le strade in quelle notti si deve restare in casa per non disturbarli. Infatti in molte zone ritornano tra i vivi gli spiriti dei morti trucidati, i quali possono essere molto pericolosi in quanto ancora infuriati per la loro fine cruenta.
In questi giorni si donano pietanze alle famiglie più povere, sempre chiedendo in cambio preghiere per i propri cari
In molti comuni durante la notte passa per le strade il campanaio gridando “Svegliatevi genti, e pregate per le anime dei trapassati!”.
Si accendono dei falò in alcune zone e i giovani vi si radunano per mangiare insieme le castagne abbrustolite.
Dolcetto o scherzetto anche in queste regioni, infatti i bambini vanno di casa in casa a chiedere qualche prelibatezza in cambio delle loro preghiere.
In Piemonte l’arrivo dei morti è circondato da un timore reverenziale, stimolato anche da leggende truculente, che viene esorcizzato intagliando delle zucche con visi mostruosi.
In Lombardia i riti di accoglienza prevedono nuovamente il lasciare una tavola imbandita per i morti.
Un alimento particolare sono i ceci, è tradizione cucinarli in questi giorni, una ricetta è la supar coi sisar, ovvero la zuppa di ceci e cotiche.
Nelle zone alpine è raccomandato di lasciare sempre dell’acqua per i defunti.
Tradizione peculiare è quella della zucca di vino.
La zucca viene svuotata e riempita di vino e la si lascia la sera vicino al focolare. Al mattino la zucca dovrebbe essere vuota, in quanto i defunti hanno bevuto a sazietà.
Nelle ore della cena si deve restare in casa, per poi uscire a mezzanotte per la messa.
La mattina le massaie si alzano prima dell’alba, in modo da lasciare per qualche ora il loro letto per gli spiriti stanchi.
E’ bene lasciare sempre il focolare acceso in questi giorni, per riscaldare i defunti in visita.
Un piatto tipico lombardo è la supa dei morti, un piatto composto da costine di maiaie, fagioli, cotenna e burro, tutto accompagnato da crostini di pane.
In alcune zone si prepara il salame cotto nella verza.
Non mancano i dolcetti, come le delizie dei santi, delisie di sancc, un dolce fatto con purea di castagne, cioccolato, vaniglia e zucchero, oppure i pa’ di mòrc, pane dei morti, preparato con mandorle, scorzette di limone e rosolio.
La città di Milano ha una propria ricetta del pane dei morti, il dolce tipico della festa, si usano infatti mandorle, arance candite, pinoli e cedro.
Nel mantovano il pane dei morti viene impastato a forma di teschietti ed è chiamato òs di mort, osso dei morti.
Anche in Lombardia è tradizione fare la questua per richiedere le preghiere in suffragio dei morti. Per i poveri si preparavano pentoloni di minestra d’orzo e pane, da elargire a chi recitava il rosario.
Il nostro viaggio si conclude arrivando nel mio Trentino.
Qui è tradizione visitare le tombe dei defunti al cimitero, si portano loro fiori e candele, e una volta tornati a casa si mangiano le castagne accompagnate con il primo vino rosso dell’anno, assicurandosi di lasciare qualcosa per nostri antenati defunti.
In Trentino si attende il ritorno dei morti con molto rispetto.
La sera del primo novembre le campane risuonano fino a mezzanotte, con rintocchi intervallati, per destare gli spiriti e accompagnarli in processione.
Far compagnia ai morti, così si dice. E i campanari si danno il turno, bevendo vino o un po' di carampampoli, una bevanda zuccherata di caffè e liquore, per scaldarsi.
Nel comune di Roncegno questa usanza è detta delle cùbie, le campane venivano fatte suonare almeno un'ora per sonàr fora i morti, ovvero svegliare con il suono delle campane le anime dei defunti. Ringrazio la mia amica Marta per avermi raccontato di questa tradizione.
I defunti raggiungono le case dei loro familiari, e qui possono trovare la tavola imbandita con zuppa d'orzo, rape, patate.
In alcuni comuni in provincia di Trento si creano dei lumini utilizzando i gusci delle lumache, ed essi vengono poi fissati con la calce sui muretti, e accesi per rischiarare la via dei fedeli di ritorno dalla messa.
Gli spiriti di persone morte per omicidio o in modo cruento sono solite tornare nel luogo in cui è avvenuto il loro decesso per apparire ad ignari viandanti.
In molte vallate è uso lasciare un catino di acqua a disposizione degli spiriti, e un giaciglio pulito e comodo in caso volessero dormire.
In Alto Adige si cucina una farinata, detta mosa, cosparsa di semi di papavero e miele.
Il miele con la sua dolcezza dovrebbe ricordare si defunti i bei momenti vissuti in famiglia.
La mia regione è ricca di leggende sulle streghe, un giorno ve ne parlerò, e in questa notte di Samhain esse si riuniscono in luoghi segreti.
Nei piccoli cimiteri delle vallate i morti si ritrovano dopo il pasto consumato a casa dei familiari per cantare insieme canzoni della messa o canti religiosi.
Dopo la messa per i defunti al cimitero i bimbi potevano recarsi dai vicini di casa per racimolare qualcosa, di solito frutti di stagione, in cambio della recita del rosario in suffragio dei morti.
Una pietanza tipica di questo momento è il chicciol, un pane infornato appositamente per essere usato durante le questue.
In Alto Adige invece questo pane è detto pitschele ed è spesso fatto con farina di segale. Mia nonna, che era di Salorno, lo chiamava infatti così.
Le tradizioni di queste regioni, terre di passaggio e di confine tra il resto dell'Italia e l'Europa, come abbiamo visto sono spesso simili tra loro e richiamano quelle di altri Paesi.
È il filo rosso di cui ho parlato in molti miei articoli, questa vicinanza di usanze che rende Samhain una festa europea e nostrana, con tutte le sue bellissime e varie sfaccettature.