Triora è un borgo ligure situato tra le Alpi Marittime occidentali nella provincia di Imperia.
Probabilmente il nome di questa cittadina apre un piccolo cassetto della vostra memoria, ma ancora non vi è chiaro il suo contenuto.
Proviamo a ricordare.
Triora si presenta come un agglomerato di case costruite quasi una addosso all'altra sulle rocce, tra i muri di pietra si snoda un labirinto di caruggi, i tipici vicoli liguri.
Il suo nome significa "tre bocche", come quelle di Cerbero, e c'è chi dice che esse indichino le aperture delle roccia che condurrebbero direttamente agli Inferi.
Percorrendo i vicoli si giunge al punto più estremo di Triora, vicino ai mulini, alla Ca Botina, un quartiere misterioso dove in tempi lontani era proibito recarsi dopo il tramonto.
Si diceva che in quel luogo si radunassero le streghe per celebrare i loro riti malvagi, ballare nude insieme al diavolo. Queste megere si acquattavano dietro i muri per sorprendere i bambini e rapirli, per poi mangiarli.
Ecco, ora è chiaro perché il nome di Triora vi è così familiare.
Si è parlato molto di questo borgo ligure negli ultimi anni, da quando vennero resi pubblici i documenti di quello che è considerato il più grande processo italiano per stregoneria della fine del XVI secolo.
All'epoca Triora dipendeva dalla Repubblica di Genova, e da due anni la regione era stata colpita da una insanabile carestia.
Come spesso è accaduto nel corso della storia il popolo cercò un capro espiatorio a cui attribuire la colpa di questa sciagura.
L'indice venne puntato contro alcune donne del paese, tutte residenti in quella Ca Botina, quartiere che in realtà di diabolico non aveva nulla se non l'ingiusta povertà di chi vi alloggiava.
Donne sole, costrette ad arrangiarsi come potevano per sopravvivere in quella miseria, guardate dall'alto in basso dal resto del paese, ma tollerate perché contribuivano alla vita della società triorese.
Erboriste, guaritrici, mammane.
Tutti le evitavano e le giudicavano in pubblico fino a che non avevano bisogno di loro, e a quel punto si recavano di nascosto alla Ca Botina a chiedere aiuto.
Nell'ottobre del 1587 le autorità del borgo guidate dal podestà Stefano Carrega fecero arrestare venti donne, denunciate dai loro concittadini durante una messa, e subito convocarono l'Inquisitore di Genova e il vicario di Albenga, tale Girolamo Del Pozzo, affinché istituissero un processo contro di loro.
Del Pozzo, da subito convinto della presenza del diavolo tra i vicoli del borgo, interrogò i trioresi, si fece descrivere i crimini commessi dalle donne che loro hanno accusato.
Più vengono ascoltati più raccontano, questi solerti cittadini.
Le donne non sono più colpevoli solo della carestia, il loro maleficio si estende alle malattie che hanno colpito il bestiame, agli aborti spontanei delle loro mogli, alla sparizione di alcuni bambini.
Del Pozzo documenta tutto con dovizia per poter procedere agli interrogatori.
E qui le donne vennero sottoposte a orribili torture, molte di loro pur di porre fine alla loro agonia ammisero la loro colpevolezza, alcune fecero i nomi di altre streghe che vennero subito arrestate.
Si arriverà in poco tempo a una trentina di arresti, ma pare che i nomi fatti sotto tortura fossero più di 200.
Ed è a questo punto che la vicenda non riguarda più solo la povera gente della Ca Botina, ora gli inquisitori bussano anche alla porte delle famiglie in vista, le più altolocate.
La solerzia di Del Pozzo non fa distinzione e inizia a mietere le prime vittime.
Isotta Stella, una nobildonna di 60 anni, morì stremata dalla fame e dal dolore durante le torture; una giovane ragazza di cui non sappiamo il nome, disperata, si suicidò gettandosi dalla finestra. O forse venne uccisa affinché non rivelasse ciò che era emerso realmente durante gli interrogatori.
Il borgo era ormai impregnato di un clima di paura e sospetto. Chiunque poteva essere denunciato.
Nel 1588 il Consiglio degli Anziani di Triora chiese agli inquisitori di essere più cauti nel loro operato, e in seguito alle richieste delle autorità locali giunse da Genova l'Inquisitore Capo, che avrebbe dovuto rasserenare gli animi e portare un po' di giudizio nei procedimenti dei suoi colleghi.
Invece il prelato, dopo un'attenta valutazione, dispose solo la scarcerazione di una tredicenne, riconosciuta innocente e fece trasferire tredici imputate a Genova.
L'inquisitore tornò dunque nel capoluogo lasciando le altre carcerate nelle mani dei loro carnefici.
A giugno Del Pozzo si dimise e lasciò Triora, al suo posto venne inviato un nuovo un commissario speciale, Giulio De Scribani, che invece di porre rimedio a questa follia la incentivò, dato che era fermamente convinto che non fossero ancora state scovate tutte le colpevoli.
La caccia alle streghe raggiunse così anche altri comuni della zona, causando nuovi arresti.
De Scribani condannò infine al rogo quattro donne, ma le alte sfere della stessa Repubblica di Genova, forse stanche e infastidite da questa follia che durava ormai da troppo tempo, chiesero l'intervento del consultore Serafino Petrozzi, che revisionò gli atti del processo e mise in discussione le confessioni avvalendosi dell'aiuto di due dottori di diritto.
Fu intimato a De Scrivani di occuparsi unicamente di questioni politiche e amministrative, dato che i processi per stregoneria erano di competenza della Santa Inquisizione.
Ma De Scribani ignorò queste disposizioni e continuò la sua caccia alle streghe, istituì nuovi processi per acquisire ulteriori prove, vennero svolti nuovi interrogatori, nei quali ovviamente si fece ancora ricorso alla tortura per estorcere le confessioni delle povere imputate, e alla fine il 30 agosto Petrozzi e il governo cedettero e dovettero confermare le condanne a morte.
Ma fu una decisione di facciata.
Infatti il giorno prima dell'esecuzione intervenne il Padre Inquisitore di Genova, convocato direttamente da Roma.
Essendo il rappresentante dell'Inquisizione romana aveva il potere di prendere decisioni autonome riguardo ai processi per stregoneria, la sentenza finale spettava unicamente a lui, e nel caso di Triora ordinò di trasferire a Genova anche le ultime condannate.
A questo punto il doge genovese Davide Vacca fece richiesta al Santo Uffizio affinché mettesse fine a questo lungo processo.
Il cardinale Sauli in persona intervenne nel 1589 per fermare i processi istituiti da De Scrivani, ormai fuori controllo, e revocò il potere alle persone che agivano nel borgo di Triora.
Il 23 aprile di quell'anno l'Inquisizione dichiarò concluso ogni procedimento.
Le donne incarcerate a Genova vennero liberate, non si sa se sono mai tornate a Triora, tra quei concittadini che le avevano condannate a due anni di atroci supplizi.
Si conosce invece la sorte di Giulio De Scribani, il quale con la sua caccia indiscriminata si era inimicato molte famiglie altolocate della zona.
Esse riuscirono a ottenere che venisse processato, e Scribani venne inizialmente scomunicato a causa della crudeltà dimostrata durante gli interrogatori, giudicata eccessiva, e per aver ignorato le direttive del Santo Ufficio che gli ordinavano di interrompere i processi.
La sanzione tuttavia venne ritirata su richiesta delle stesse autorità della Repubblica Genovese, dato che De Scribani fece pubblica ammenda.
Col tempo la vicenda di Triora cadde in una sorta di dimenticatoio, divenne infatti uno dei tanti, troppi nomi scritti sui registri dei processi indetti dall'Inquisizione, fino a che alcuni storici non ne riscoprirono la documentazione e riportarono alla luce la verità su quanto era accaduto.
In breve tempo l'interesse verso il processo italiano alle streghe aumentò, tanto che a Triora venne inaugurato negli anni '80 il Museo etnografico e delle stregoneria, dove è possibile leggere i documenti relativi al processo,
e ogni anno si celebra una festa, chiamata Strigora, la prima domenica dopo Ferragosto.
Triora spesso viene definita la "Salem d'Italia".
Salem è una città della contea di Essex, in Massachusetts, dove si è svolto il più famoso processo alle streghe degli Stati Uniti d'America.
La storia è molto conosciuta grazie a numerosi film, pièce teatrali (la più celebre è certamente "Il crogiuolo" del commediografo statunitense Arthur Miller) e più di recente una serie televisiva omonima di successo, i quali raccontano la vicenda, in modo più o meno romanzata.
Nonostante l'accostamento legittimo bisogna precisare che esistono delle sostanziali differenze tra i due casi.
Intanto il processo Salem fu successivo di almeno un secolo rispetto a quello di Triora, iniziò infatti nel 1692.
Diversi sono i motivi che portarono all'apertura della caccia alle streghe,
a Salem tutto ebbe inizio in seguito alle denunce di giovani ragazze della città, che interrogate sui loro comportamenti sconvenienti sostennero di essere state maledette da alcune concittadine che avevano fatto loro il malocchio, a Triora invece la causa scatenante fu una terribile carestia.
È importante chiarire soprattutto il diverso contesto storico e sociale.
A Salem il processo venne istituito e presieduto dalle autorità puritane americane.
Il puritanesimo, movimento nato all'interno del calvinismo britannico nel XVI secolo, pretendeva una perfetta purezza morale da parte dei suoi fedeli, che dovevano combattere il peccato in ogni sua forma.
Questa rigidità morale va associata a un periodo buio per i puritani del Massachusetts, la guerra di re Filippo contro le tribù di nativi che rifiutavano la conversione al cristianesimo e non volevano cedere le loro terre non stava volgendo a loro favore, e provocava continui spargimenti di sangue e rappresaglie.
I puritani si sentivano abbandonati dalle istituzioni ma soprattutto da Dio.
Questo insuccesso era certamente colpa dei peccati della comunità.
I pastori durante le predicazioni dichiararono che numerosi comportamenti blasfemi avevano indispettito il Signore, e così si prodigarono affinché ogni minimo segno di immoralità venisse segnalato e represso.
Fu quindi per paura che le giovani ragazze di Salem, almeno all'inizio, decisero di dirottare ogni responsabilità dei loro comportamenti ritenuti disdicevoli e sospetti dichiarandosi vittime di un maleficio, e da qui l'inevitabile e inarrestabile apertura della sanguinosa caccia alle streghe.
Inoltre, dettaglio non di poco conto, il puritanesimo non accettava nessuna ingerenza da parte dello Stato nelle questioni religiose.
Il processo alle streghe era considerato appunto una questione teologica, dove praticare il malocchio e gli incantesimi non era non solo un peccato ma anche un crimine.
Fu anche per questo che a Salem vennero condannate a morte e giustiziate più persone che a Triora, nella cittadina americana infatti le autorità religiose poterono operare senza intromissioni esterne, cosa che invece accadde nel borgo ligure.
A Triora i procedimenti vennero invece gestiti dalla chiesa cattolica romana.
Questa a differenza dei puritani prevede un rigido rispetto della gerarchia ecclesiastica e soprattutto delle relative competenze.
Pertanto in materia di processi contro le streghe,
come abbiamo visto, l'Ufficio della Santa Inquisizione aveva totale libertà di decisione e di azione, aveva il diritto di intromettersi nell'operato di sacerdoti e vescovi nel momento in cui lo riteneva opportuno. E già questo è stato un impedimento non da poco per le autorità religiose locali.
Inoltre la Chiesa cattolica non si occupa solo di questioni teologiche, sappiamo che da sempre intreccia la propria predicazione con la politica.
Il potere secolare del Papa è sempre stato vincolato a doppio filo ai rapporti diplomatici con quello temporale dei governanti e dei re.
Pertanto a un certo punto il Santo Ufficio dovette cedere alle richieste dei rappresentanti della Repubblica di Genova, che chiedevano di porre fine a un processo che stava degenerando.
Ad ogni modo entrambe le vicende, seppur lontane nei tempi e nei luoghi, condividono il clima di terrore e isteria collettiva che infettarono le menti dei cittadini e portarono alla sofferenza e alla morte di vittime innocenti, e la testarda arroganza degli inquisitori nel portare avanti i procedimenti nonostante l'assenza di prove chiare.
Elementi purtroppo ricorrenti di quella spietata caccia alle streghe che resterà per sempre una macchia indelebile nella storia della cristianità.
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