mercoledì 30 dicembre 2020

Årsgång, la camminata nei boschi per ritrovare se stessi.



In Svezia esiste una
tradizione molto particolare, chiamata Årsgång, ovvero “la camminata dell’anno”.
Si tratta di un vero e proprio rito iniziatico che consiste nel camminare nei boschi le ultime notti dell'anno.
L'Årsgång deriva da un'antica arte divinatoria scandinava.
Le prime informazioni scritte a riguardo risalgono al 1600 ma l'Årsgång affonda le sue radici in tempi molto più remoti, primitivi.
Nel buio della notte, tra gli alberi, ognuno segue il proprio percorso in cerca di risposte su se stesso, sulla vita, sulle scelte da intraprendere in futuro.
Il buio è infatti la dimensione ottimale per questo rito; nella notte che abbraccia sia la foresta che l'animo umano si avvicendano le paure, i timori, ma anche le qualità e le speranze di chi intraprende questo cammino.
Come in un passaggio dalla fanciullezza all'età adulta il viandante cammina nella natura affinché essa gli si riveli,  acquisendo nuova saggezza e coraggio.
L'Årsgång ti mette di fronte a te stesso e ogni persona affronta un percorso diverso e ostacoli personali.
Durante la camminata si sta in silenzio e in ascolto, se si incontrano altri viandanti non si deve conversare, basta un cenno benevolo di saluto, nessuno deve perdere la propria concentrazione.
Si può procedere insieme, senza parlare, farsi coraggio con il rispettivo incedere, e poi separarsi.
Questo vagare permette di aprire la mente e di essere più recettivi verso i messaggi che l'universo vuole mostrarci.
Durante questo cammino è inoltre possibile incontrare delle creature silvane come gli elfi, le ninfe, i nani, oppure semplici animali, ognuno di loro è in grado di comunicare un messaggio, un indizio. Perché questa camminata ha lo scopo di mostrare cosa si cela nell'animo del viaggiatore e fargli scoprire la sua natura.
Se si procederà nel cammino senza voltarsi indietro e senza cedere alla paura, raccogliendo i segnali e insegnamenti che la natura ci regala, ecco che una volta usciti dal bosco troveremo ad attenderci il nostro vero io arricchito da una nuova consapevolezza.
Secondo questa tradizione nordica chi riesce ad affrontare con successo l'Årsgång per almeno sette anni consecutivi acquisirà poteri divinatori e saggezza pari a quella di un veggente gradito agli dei.

Tutt'oggi questa usanza è molto sentita ed è stata esportata nel resto del mondo, e ogni anno tante persone si incamminano nei boschi alla ricerca della verità su stessi.


venerdì 25 dicembre 2020

Una nuova prospettiva al femminile.

Maria studia la Torah mentre Giuseppe tiene tra le braccia il bambino.
L’immagine è una miniatura a tempera e oro, "La Natività", tratta da un Libro d’Ore composto a Besançon, attorno al 1450. 
Non è l'unico esempio, una scena simile la troviamo anche in una miniatura di 
Guiart des Moulins, all'interno del primo volume della Bible 
historiale, databile tra 1403 e il 
1404.
Tempo fa è stato presentato al pontefice un presepe che raffigura una situazione simile, Giuseppe che culla Gesù mentre Maria riposa, e papa Francesco lo ha molto apprezzato.
È un'immagine importante. 
Spesso si pensa che la Bibbia e la teologia cristiana vedano a prescindere le donne come inferiori agli uomini, relegate a ruoli stereotipati.
Non è così.
È, come spesso accade, una distorsione. 
Guarda caso compiuta dagli uomini al potere, religioso in questo caso.
Studiando teologia ho spesso riscontrato queste storture, che per fortuna si sta cercando, forse con eccessiva lentezza, di correggere.
Io stessa vi proporrò degli approfondimenti a riguardo.
Non tutti conoscono la reale importanza delle figure femminili raccontate nella Bibbia, non tutti sanno grattare la superficie oscurantista che per secoli le ha incasellate per scoprire in profondità la loro vera natura. 
Le donne non sono comprimari degli uomini, sono soggetti attivi delle loro storie.
Essere donne, essere madri (per chi lo vuole diventare) non ci impedisce di essere anche altro.
Di dedicarci a ciò che amiamo, come la cultura, in questa icona ad esempio Maria studia la Torah come farebbe un uomo, un rabbino.
Arricchire lo spirito con la conoscenza non è prerogativa maschile, è universale, trascende il sesso e l'età.
Possiamo essere chi vogliamo, alla faccia di chi ancora oggi vorrebbe limitare il nostro potenziale dirci cosa fare della nostra vita e del nostro corpo.
Qui vediamo Maria, che è uno dei personaggi femminili più belli ma spesso sottovalutati della Bibbia, ne ho già parlato in un precedente articolo.
Maria non è solo madre in senso biologico, è madre spirituale di una rivoluzione culturale. 
Le donne del suo tempo difficilmente potevano decidere per se stesse, lei ad esempio dovette sposare Giuseppe, non aveva altre opzioni. Così era deciso dalla legge degli uomini.
Ma per la legge di Dio invece era libera, libera di scegliere.
Maria è luce, è libertà, perché libera fu la sua scelta di portare in grembo il figlio di Dio. 
Accettò quell'incarico che avrebbe potuto rifiutare.
E se ne assunse, giovanissima, la responsabilità.
E questa libertà da cosa poteva derivare se non dalla conoscenza, dalla consapevolezza che deriva dalla cultura?  
Maria è curiosa, intelligente, e la maternità non le impedisce di dedicarsi a ciò che ama, alla conoscenza.
La presenza di Giuseppe in questa icona è significativa. 
È un uomo che non mette in secondo piano la sua compagna, non si fa intimidire dalle capacità intellettive della donna che ha al suo fianco.
Fa un passo indietro, perché è la protagonista di questa storia. 
E dunque, chi festeggia il Natale come festa cristiana tenga presente anche questa prospettiva, che ci mostra come il nuovo, l'eccezionale, la luce siano di tutti e per tutti, e non solo ad appannaggio di pochi eletti.

Ne approfitto per augurarvi buon Natale, buone feste, vi auguro ogni felicità in questi tempi complicati.
Un abbraccio! 


giovedì 24 dicembre 2020

I Saturnali, ovvero le radici romane del Natale.


I Saturnali o Saturnalia erano una delle maggiori e popolari feste religiose di Roma, si celebravano ogni anno dal 17 al 23 dicembre in onore del dio Saturno.
In origine erano una festa agricola dedicata solamente alla dea Opa, compagna di Saturno, che vegliava sull'abbondanza dei raccolti.
I Saturnali erano molto amati in quanto in questi giorni al popolo romano venivano offerti banchetti e giochi circensi, veniva permesso il gioco d'azzardo, inoltre per un giorno gli schiavi potevano vivere da uomini liberi.
Ci si mascherava, anche facendosi beffe degli uomini politici più importanti, senza paura di ritorsioni.
Le scuole chiudevano, era proibito dedicarsi al lavoro agricolo, alla politica e alla guerra. 
Le città venivano addobbate con ghirlande di fiori invernali e fiaccole.
I Saturnali prevedevano sacrifici di animali nei templi dedicato a Saturno, per accattivarsi la sua benevolenza e ottenere prosperità e abbondanza nell'anno a venire.
In questi giorni ci si scambiava piccoli doni, anche tra padrone e servitù, in nome della fraternità e dell'uguaglianza.
Tra i doni più diffusi c'erano dolci di noci, datteri e miele, e delle statuette d’argilla rossa, le strenne, in onore della déa del solstizio d'inverno, Strenua.
Terminati i Saturnali, il 25 dicembre si festeggiava un’altra ricorrenza importante per i Romani, quella del Dies Solis Invicti, cioè la Natività del Sole Invincibile, che secondo il mito sconfiggeva le tenebre portando nuova luce nel mondo.
Le radici del Natale sono particolarmente evidenti in questa festività romana.
Abbiamo già precisato che il Natale è nato dalla commistione di diverse tradizioni, nei giorni scorsi vi ho parlato delle celebrazioni di
Yule e Hanukkah.
Si può affermare che il contributo maggiore arriva proprio dai Saturnali romani, soprattutto se ci soffermiamo a riflettere sulle similitudini con le usanze natalizie dei giorni nostri.
A Natale la società si ferma (certo, un discorso a parte lo meriterebbe il tema del consumismo...) ci si riunisce per festeggiare in famiglia e scambiarsi i doni, riscoprendo una nuova generosità.
Il Natale cristiano in particolare onora un evento speciale, la nascita di Gesù Cristo, colui che porterà la luce in un mondo oscuro, colui che dovrebbe segnare una nuova era di pace e fratellanza.
Parlando di Yule avevo scritto, se ricordate, che a un certo punto le usanze religiose pagane hanno avuto notevole influenza sulle celebrazioni cristiane.
Il caso dei Saturnali è emblematico, perché ha condizionato in modo sostanziale le norme cristiane. 
La necessaria convivenza armonica tra la cultura pagana e il cristianesimo portò alla decisione di spostare la data della nascita di Cristo dai primi di gennaio al 25 dicembre, per farlo combaciare con la celebrazione romana del Sol Invictus. 
La nascita di Gesù viene associata a quella del Sole invincibile, questo accostamento fu possibile anche grazie ad alcuni richiami evangelici, ad esempio Giovanni 8, che recita: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre.»
Inoltre molte rappresentazioni di Gesù lo raffiguravano come un nuovo Apollo circondato da aureole di luce dorata, ne abbiamo alcuni esempi nelle catacombe cristiane di Roma.
Dunque le basi per il successo di questo accostamento erano già di per sé favorevoli.
Le due celebrazioni vivranno una affianco all'altra per molti secoli, la loro sovrapposizione non fu immediata come si può erroneamente pensare.
La prima testimonianza della celebrazione del Natale il 25 dicembre come Dies Natalis Christi risalirebbe infatti solo alcuni secoli dopo la morte di Gesù.
Diversi teologi affermarono che Gesù fosse nato il 25 dicembre, ma per avere una datazione ufficiale e comunemente accettata dalla società dell'epoca si dovrà attendere il 336 dC, informazione che troviamo nel Calendario Romano Filocaliano del 354. La presenza di questa data nel calendario fa presupporre che questa essa venisse festeggiata anche negli anni precedenti.
Un ruolo importante in questa sovrapposizione lo giocò senza dubbio la politica dell'imperatore Costantino, basta pensare all'editto di Milano (313 dC) firmato da lui e Licinio, chiamato anche editto di tolleranza, che permise la libertà della confessione cristiana e non solo, accostò volutamente la figura del Dio cristiano a quella del Dio sole, quasi senza fare particolari distinzioni tra le due.
Successivamente a questo accordo Costantino promosse con insistenza il culto del Dio dei cristiani ed emanò leggi chiaramente ispirate e a favore del al culto cattolico, influenzando inevitabilmente gli usi del popolo romano.
Da lì in poi, generazione dopo generazione, la celebrazione del Natale cristiano inizierà a sostituire nella cultura e nella religiosità popolare quella del Sol Invictus, della quale però come abbiamo visto ne tramanderà l'anima e le usanze, ancora visibili e celebrate ai giorni nostri.






lunedì 21 dicembre 2020

Yule, luce dell'inverno.


Yule è il sabba del solstizio d'inverno, che cade tra il 21 e il 22 dicembre. 
Il suo nome nelle lingue germaniche e nordiche (Jòl ma anche Hjol) significa "ruota", infatti a Yule la ruota delle stagioni ricomincia la sua risalita. L'anno vecchio muore, così come il sole, il quale però allo stesso tempo in questa giornata ritrova la sua forza, un poco alla volta, e inizia la sua rinascita. 
Si celebra la morte del Re Agrifiglio in favore del Re Quercia, le due divinità si sfidano ciclicamente dandosi il cambio durante l'anno nel vegliare sul mondo e sugli uomini.
Il Re Quercia è la luce che sconfigge il Re Agrifoglio e assicura la rinascita della terra fino al solstizio d’estate.
Viceversa il Re Agrifoglio avrà la meglio sul Re Quercia al solstizio d’estate per garantire il ritorno dell'oscurità, che in questo caso è ristoro e crescita, fino al solstizio d’inverno.
Entrambi i re sono indispensabili e necessari, essi garantiscono l'equilibrio perfetto che permette alla natura di vivere, morire, e rinascere.
Yule, il giorno più breve, la notte più lunga.
Madre natura partorisce un sole giovane, ancora debole ma che acquista forza e splendore col passare del tempo. È un richiamo al ritorno alla luce, alla rinascita.
Infatti a Yule la natura si veste di bianco e di freddo, riposa, in attesa.
Non è debolezza, né paura, è un fermarsi necessario.
Questo periodo di celebrazioni era dedicato alla riflessione, al ritrovare nuove energie aspettando una nuova primavera.
Yule, come ogni festività vissuta con devozione, è ricco di simboli e tradizioni.
Simbolo indiscusso di Yule è la vegetazione sempreverde, i pagani addobbavano le loro case con abeti, agrifogli, vischio, piante che anche in inverno sopravvivono, nonostante la natura attorno a loro si addormenti. 
Gli abeti e i pini erano gli alberi benedetti di questo solstizio, i loro rami venivano portati nelle case e addobbati, usati sugli altari, a simboleggiare la vita che resiste al freddo e all’oscurità dell’inverno.
Durante le processioni e i rituali per celebrare Yule i popoli germanici erano soliti suonare strumenti dal suono argenteo e cristallino come richiamo per gli spiriti durante i riti del solstizio, per garantirsi protezione, fortuna e prosperità. 
Sugli altari venivano infatti lasciati doni e offerte, in cambio di benevolenza. 
Durante il solstizio si tagliavano dei ceppi di sempreverde, che venivano fatti ardere nei falò e nei camini.
I resti di questo legno venivano poi conservati come portafortuna per il nuovo anno, si credeva infatti che le sue ceneri avessi proprietà magiche e terapeutiche.
Nelle terre scandinave i bambini costruivano la Yule Goat, detta anche capra di Thor.
Il suo nome varia a seconda del Paese, Julbock (Svezia), Julebukk (Norvegia), o Joulupuuki (Finlandia).
La capra è connessa alla venerazione del Dio nordico Thor, che viaggiava sul suo carro trainato da due capre, Tanngrisnir and Tanngnjóstr, attraverso il cielo.
La capra di Yule è collegata anche alla leggenda di un uomo misterioso, primitivo, vestito di pelli e con corna sul cappello, che portava i dolcetti ai bambini buoni.
In questo periodo le case venivano addobbate con queste bellissime caprette di paglia e vimini, di solito abbellite da nastrini colorati e campanelli.
In origine la capra veniva fatta con il grano dell’ultimo raccolto, il quale si diceva avesse grandi proprietà magiche. 
I simboli e le tradizioni popolari del solstizio rivivono tutt'oggi durante il periodo natalizio.
La simbologia laica del Natale è indubbiamente ispirata dalle usanze di Yule.
L'albero di Natale, il bacio sotto al vischio, il tronchetto, le rassicuranti lucine che colorano le nostre case e le strade, sono tutti retaggi culturalmente riadattati delle celebrazioni pagane di Yule.
Guardando invece al Natale cristiano notiamo come anche nel caso di questa festività pagana i missionari giunti nelle terre germaniche e scandinave abbiano saputo intrecciare le usanze antiche con la nuova religione cristiana che stavano diffondendo, per rendere più semplice la conversione dei popoli autoctoni.
Il giovane sole che nasce, i re che si avvicendano durante i solstizi vennero presi come spunto per narrare la storia della nascita di Gesù, colui che avrebbe scalzato ogni altro regnante.
Anche il concetto di rinascita ciclica fu molto utile per spiegare la morte e la resurrezione di Cristo.
Ma questa mescolanza non fu a senso unico.
Yule, così come i Saturnali, hanno influenzato di rimando le celebrazioni cristiane, tanto da fare spostare la data della nascita di Gesù al 25 dicembre.
Ma di questo parleremo più avanti.



















giovedì 17 dicembre 2020

Hanukkah, una luce che sconfigge la tenebra.



In questi giorni le comunità ebraiche sono impegnate nelle celebrazioni di Hanukkah.
Spesso parlando di questa festa ebraica la si definisce volgarmente il "Natale ebraico", per via della vicinanza tra le date di queste festività.
Tale definizione è sbagliata per diversi motivi. 
Intanto perché Hanukkah è una festa molto più antica del Natale cristiano.
Inoltre il Natale come lo conosciamo nasce dalla mescolanza di più tradizioni, e tra queste ci sono, oltre allo Yule pagano e ai Saturnali romani, anche le celebrazioni ebraiche.
Basti pensare al fatto che Gesù era ebreo, e certamente l'influenza della Torah e delle festività giudaiche hanno condizionato la sua predicazione e soprattutto il formarsi, successivamente per mano dei suoi discepoli, delle tradizioni cristiane, incluse quelle del Natale.
Infine, le due festività parlano di eventi totalmente diversi tra loro.
Mentre il Natale ci ricorda la nascita di Gesù bambino, Hanukkah ha decisamente una storia diversa da raccontare.
Hanukkah (o Chanukkà, ma anche Chanukkah, a seconda delle varie pronunce della lingua ebraica) significa "inaugurazione", ma è anche voce del verbo "dedicare".
L'origine di questa etimologia e quindi delle origini di Hanukkah va ricercata nella storia del popolo ebraico. 
Intorno al 200 aC la Giudea, dopo anni di dominazione tolemaica, passa nelle mani dei Seleucidi, sovrani della Siria, sotto la guida del re Antioco III.
Inizialmente questo cambio di potere non preoccupò i giudei (pare che addirittura avessero aiutato il nuovo sovrano a insediarsi) soprattutto perché sapevano che i Seleucidi avrebbero concesso alla Giudea una particolare autonomia interna, religiosa e politica.
La situazione però è destinata a cambiare.
Nella guerra contro Roma i Seleucidi incassano una pesante sconfitta e la conseguente crisi economica del regno porterà i sovrani a saccheggiare i templi più ricchi dei loro territori, tra cui quello di Gerusalemme.
Questo gesto viene considerato dai giudei un sacrilegio imperdonabile.
A peggiorare la situazione è il nuovo sovrano, Antioco IV, che inizia a perseguitare gli ebrei per riuscire a portare a termine il suo processo di ellenizzazione della Giudea.
Ciò avrebbe significato l'abolizione della Torah come legge dello stato, cosa impensabile per i giudei dell'epoca, dato che avrebbe significato la perdita di tradizioni e valori.
Antioco IV non solo saccheggia il Tempio, ma vi fa erigere un altare a Zeus Olimpo.
Inizia ciò che il profeta Daniele chiamerà "abominio della desolazione" (Dan 9,26)
Vengono prese misure repressive contro il culto ebraico, viene impedita la circoncisione dei figli maschi e la celebrazione delle feste giudaiche.
Questa opera di ellenizzazione scatenerà la ribellione dei maccabei, nome preso dal loro leader Giuda Maccabeo, che nel 164 aC (3622 del calendario ebraico) guida la resistenza giudea alla riconquista di Gerusalemme.
I ribelli vincono, il Tempio viene restaurato e il culto ripreso.
Ed è qui che la storia si intreccia con il mito.
Si narra che tutte le scorte dell' olio sacro necessario per l'accensione dei candelabri fossero state distrutte dagli invasori sitiani, pertanto quando gli ebrei decisero di accendere nuovamente la Menorà scoprirono che l'olio sarebbe bastato a malapena per un giorno.
Fu allora che avvenne il miracolo: l’olio durò otto giorni, dando il tempo ai sacerdoti di procurarne e benedirne dell'altro. 
In ricordo di questo miracolo è stata istituita la festa di Hanukkah.
Dato che segue il calendario ebraico, che è lunisolare, Hanukkah cade sempre in giorni diversi ogni anno, a cavallo dei mesi di kislèv e tevet, indicativamente tra novembre e dicembre.
Quest'anno è iniziato il 10 dicembre (e termina il 18 dello stesso mese), e come da tradizione quella sera è stata accesa la prima candela della chanukkià, il candelabro a otto braccia simbolo di questa festività, otto come i giorni in cui avvenne il miracolo dell'olio. A partire dalla prima sera, dopo il tramonto, ogni lume verrà acceso, uno alla volta, per le successive sette sere.
Molto importante è l'ordine in cui si accendono i lumi, da sinistra verso destra.
Durante l'accensione vengono recitate le benedizioni, e successivamente si intonano dei canti.
È una tradizione che coinvolge tutta la famiglia, inclusi i bambini, che spesso sono invitati ad accendere i lumi al posto dei genitori.
La chanukkià viene messa sul davanzale della finestra per un motivo preciso, che racchiude il senso di questa festa. I lumi accesi del candelabro mostrano sia agli ebrei che ai gentili (i non ebrei) che anche nei giorni più oscuri in può e deve brillare una luce di speranza e rinascita.
Così è stato durante l'occupazione siriana, quando i Maccabei hanno finalmente riportato la luce nel Tempio di Gerusalemme, così sarà sempre in ogni tempo e in ogni luogo dove gli ebrei saranno perseguitati.
Sono molto celebri le immagini delle celebrazioni di Hanukkah durante le persecuzioni contro gli ebrei, e ci sono testimonianze di come questa festa sia stata onorata, con mezzi di fortuna, anche durante la prigionia nei campi di concentramento.
Ad esempio questa foto della chanukkià sul davanzale con la svastica che si mostra minacciosa sullo sfondo è un simbolo evidente di questa resistenza al male.
Venne stata scattata da Rachel Posner, moglie del rabbino Akiva Posner, nella loro casa di Kiel, in Germania, nel 1932.
La luce di Hanukkah, che aumenta con la progressiva accensione delle candele, è un richiamo alla Torah e ai suoi insegnamenti, i quali risplendono anche nei periodi più bui, la saggezza di quelle pagine rischiara le menti e fa nascere una nuova fiducia verso il futuro. 
Non c'è chiusa migliore ed eloquente di questa foto, emozionante e suggestiva.
Le chanukkiot che risplendono sui davanzali dell'ex ghetto di Varsavia, in Polonia
La luce che sconfigge la tenebra, la memoria che veglia sul male in agguato, come a dirgli "Stavolta non passerai".


Ne approfitto per augurare alle nostre sorelle e fratelli maggiori giorni sereni e luminosi, colmi di gioia e speranza. 

Che lo sia per tutta l'umanità, unità da questa luce che dobbiamo essere noi a far risplendere.

Hag Hanukkah Sameach. 

domenica 13 dicembre 2020

La Strozegada di Santa Lucia


Ieri abbiamo parlato di Santa Lucia e delle sue origini, oggi parliamo di una bellissima tradizione popolare del mio Trentino, la Strozegada.
I bambini costruiscono delle strozeghe, ovvero dei fili a cui vengono attaccati dei barattoli di metallo. 
Le strozeghe vengono trascinate dai bambini in giro per le strade, il loro rumore serve per aiutare Santa Lucia, che secondo la leggenda venne resa cieca dal martirio subíto dai Romani, a trovare i piccoli per poter regalare loro i consueti dolcetti.
Molti paesi del Trentino organizzano in questi giorni una vera e propria sfilata a cui possono partecipare grandi e piccini, che si conclude con la distribuzione di dolci e cioccolata calda all fine del percorso.
Anche questa tradizione affonda le sue radici nel paganesimo e nelle celebrazioni di Yule: parlavamo di Lussi, la Signora dell'inverno, che veglia sui popoli nordici durante il Soltizio d’inverno. Le creature fatate a lei devote spaventavano gli spiriti maligni usando delle catene a cui erano agganciati dei campanacci e padelle di ferro e rame. 
Col tempo il cristianesimo ha ripreso questa celebrazione modificando il suo essere, non si usano più le strozeghe per spaventare, ma per accogliere chi si è perduto nel buio della notte invernale.

sabato 12 dicembre 2020

Quella luce che rischiara le notti invernali.

Le donne legate alla tradizione religiosa sono spesso un tesoro nascosto di cui la teologia ufficiale parla raramente, o in modo superficiale, spesso in favore dei loro "colleghi" maschi, non evidenziando il vero ruolo che sono chiamate a ricoprire. 
Lo abbiamo visto con Maria di Nazareth nel mio post precedente, e anche
Lucia da Siracusa ne è un fulgido esempio.
Il 13 dicembre le chiese cristiane ricordano questa santa, martirizzata durante il regno di Diocleziano.
La sua agiografia è nota: nata in una ricca famiglia siciliana scelse di consacrare la sua vita a Cristo, e di donare ogni suo avere ai più poveri. Venne denunciata come cristiana da un pretendente rifiutato, e condotta in tribunale, dove nonostante le minacce e le torture rifiutò di rinnegare la sua fede. Fu decapitata nel 304 dC.
La leggenda popolare tramanda che le furono strappati gli occhi, infatti l'iconografia spesso la ritrae con un piattino su cui poggiano i suoi bulbi oculari, ma è probabile che si tratti di un'interpretazione errata legata alla sua simbologia. 
Il 13 dicembre (ma in alcune zone arriva già il 12) Santa Lucia porta dolci e regali ai bambini.
È comune nelle case lasciare la sera un piattino con sale e farina per la santa e il suo asinello.
Ma il ruolo di Lucia non si può e non si deve ridurre a questo.
Da adulta, quando la conoscenza si fa strada nello stupore infantile, ho pensato a lungo a lei, a questa santa che mi porta i dolcetti fin da quando ero bambina.
Questa figura femminile, che viene relegata in una nicchia del periodo natalizio, è in realtà molto più importante di quanto sembri.
È una donna amata e celebrata dal Grande Nord alla Sicilia. 
Questo perché la sua figura, che ora ha connotati dettati dalla cristianità, trova le sue origini nelle tradizioni del solstizio invernale.
Lucia è Lussi, colei che nella tradizione nordica illumina le notti fredde e oscure di Yule, è madre e regina degli spiriti, che la seguono in processione.
In lei rivediamo, Diana, Freya, Cerere. Perché tutti è collegato, ogni figura nasce, muore e rivive nelle sue sorelle di altre tradizioni.
Lussi vigilava sui preparativi della celebrazione del solstizio, controllava che ogni famiglia potesse accendere i fuochi e che se ne ricordasse in tempo.
Lo faceva a volte anche combattendo gli spiriti malvagi, pronta a sacrificare se stessa per un bene più alto, la sicurezza di coloro che celebravano il Grande Inverno.
Una vera portatrice di luce.
Anche Lucia nella tradizione cristiana riceve questo epiteto in quanto guida delle anime nei periodi più oscuri.
Quando i missionari arrivarono in Scandinavia, intorno all'anno 1000, notarono subito l'affetto e il rispetto per questa figura, che operava proprio nei giorni in cui il calendario cristiano ricordava santa Lucia, e aveva con lei una simbologia comune.
Come era accaduto per altre celebrazioni i cristiani integrarono l'agiografia della santa, ancora molto abbozzata, con le peculiarità della signora dell'Inverno scandinava.
Per questo tutt'oggi la celebrazione del 13 dicembre nel Grande Nord vede queste due figure accostate, quasi sovrapposte.
Prima della Santa c’è la Signora del solstizio, prima della dea c'è sempre una donna. Una donna che è soggetto della sua storia.
Ci porta in dono la luce, la conoscenza, il coraggio.
Lucia, Lussi, vestita di bianco, con la sua corona di candele è la luce della vita contro l’oscurità più buia, è il coraggio di sacrificare ogni cosa per ciò in cui crediamo, in nome di qualcosa più grande di noi.



martedì 8 dicembre 2020

Maria, quando la purezza si fece donna.

Oggi 8 dicembre la chiesa cattolica celebra 
l'Immacolata Concezione di Maria.

L'Immacolata concezione è il  dogma cattolico che dichiara che la Vergine Maria sia stata concepita senza peccato originale.
Ogni uomo e ogni donna nasce con il peccato originale, solo Maria, colei che sarà madre di Gesù Cristo ne è esente, il suo grembo infatti non può che essere una dimora senza peccato per il figlio di Dio.
Questo dogma è riconosciuto solo dalla chiesa cattolica, ortodossi e protestanti infatti non condividono tale posizione.
Tra i primi teologi a teorizzare che Maria fosse nata priva del peccato originale fu Sant'Agostino (350-430) che nel suo De natura et gratia contra Pelagium afferma che Maria, a differenza della massa dannata che è l'umanità, si eleva grazie alla pietà, e risulta immune da ogni peccato.
Successivamente però si iniziò a ritenere che Maria non fosse nata senza peccato, anzi, ne era portatrice come essere umano ma la nascita di Gesù l'aveva redenta e purificata. 
Questa convinzione perdurò per secoli, fino a che in epoca medievale, nel 1300, Duns Scoto affermò che non fu Gesù a redimere sua madre, ella infatti fu concepita da Sant'Anna senza peccato originale.
Per questa posizione Scoto si guadagnò il soprannome di "Dottore dell'Immacolata".
La disputa sul peccato originale di Maria continuò nei secoli successivi, dove teologi di diverse posizioni si diedero battaglia, anche a colpi di scomuniche e minacce di eresia, sull'argomento.
La dichiarazione ufficiale di questo dogma si avrà soltanto l'8 dicembre 1854, fu papa Pio IX a sancirlo nella bolla Ineffabilis Deus.
La bolla afferma inoltre che Maria non ha mai commesso in vita nessun peccato.
L'origine di questa peculiare purezza va ricercata nella Bibbia stessa.
Molti riferimenti vetero testamentari parlano della santità della stirpe di Eva, dunque delle donne.
Nel terzo capitolo di Genesi infatti leggiamo di Dio che parla al serpente nell'Eden, e gli dice:
"Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno."
(Gn 3,15)
Maria verrà spesso raffigurata nell'arte mentre schiaccia la testa del serpente, simbolo del Male e rappresentazione del diavolo, col suo calcagno.
Questo avviene perché la teologia cristiana ha per secoli tracciato un parallelismo tra Eva e Maria.
Eva è l'archetipo femminile dell'umanità, colei che è destinata a perpetuare la stirpe dell'uomo, da lei, donna, nascerà la nuova chiesa di Dio.
Eva è la madre di tutti gli uomini, Maria la madre di tutti i redenti, per usare le parole di padre Gabriele Amorth.
In altri testi dell' Antico Testamento si parla della purezza della donna, in Proverbi 8 si dice che ella venne creata prima degli abissi, quindi dell'Inferno, e nel Cantico dei Cantici l'uomo si rivolge alla sua amata definendola senza macchia.
Nel Nuovo Testamento Maria è definita da Luca "piena di grazia" (LC 1,28), dove questa espressione in particolare indica che Maria ha tutto il favore di Dio, e viene scelta tra tutte le donne perché solo lei può concepire e partorire quel disegno benevolo che Dio ha in serbo per l'umanità.
Nella lettera agli Efesini si dice che ella "è senza macchia né ruga,...santa e irreprensibile." (Ef 5,27)
Maria non è relegata al ruolo di genitrice, non esaurisce il suo ruolo nel parto, ella è figura di spicco nell'agonia di Gesù sulla croce.
"Donna, ecco tuo figlio!...Ecco tua madre!" scrive Giovanni nel suo vangelo (Gv 19, 25-27).
Quel "Ecco" di Giovanni è usato per indicare l'annuncio di una nuova rivelazione.
Gesù muore, ma Maria rimane la madre di tutti i suoi discepoli, di quei nuovi redenti.
Maria accetta questo ruolo, come aveva accettato di portare in grembo il figlio di Dio.
L'umanità, i credenti, potranno contare sul Maria anche nei tempi più bui, si legge infatti nell'Apocalisse di Giovanni della lotta tra la donna e il serpente, battaglia in cui ella difende il figlio appena nato. (Ap 12)
Inizia così la costruzione della nuova chiesa, con Maria che diventa reredentrice, madre e guida.
Il Magistero nel 1964, con Paolo VI, le assegnerà il titolo di "Madre della Chiesa, quindi di tutto il popolo di Dio", come viene dichiarato durante il concilio ecumenico di quell'anno.
Maria, la donna, la madre, la guida.
Una figura femminile che spesso viene sottovalutata ma che è a ragion veduta uno dei pilastri e fondamento della cristianità.
Maria, che in quel versetto evangelico "Non conosco uomo" (Lc 1,34) ci dice sono libera nelle mie scelte, sono libera da padrone.  
Da Lei, da questa figura così bella e forte, e alla luce di ciò che affermano in merito molti brani delle Scritture, dovrebbe ripartire per finalmente ridare nuova luce e parità al ruolo delle donne nella Chiesa e nella teologia. 


(Nella foto, dettaglio della Pietà di Michelangelo, 1497-1499, Basilica di San Pietro in Vaticano)



sabato 5 dicembre 2020

Se no tu sarâs bon, ti cjape il Krampus.


Il titolo di questo post è un detto in lingua friulana.
Se non farai il bravo, il Krampus ti porterà via.
La notte tra il 5 e il 6 dicembre, nei paesi nordici, nelle terre germaniche e nelle regioni alpine italiane come il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia si festeggia l'arrivo di San Nicola.
Precursore del più noto Babbo Natale, Nicola porta doni ai bambini buoni.
E a quelli cattivi?
Carbone, e tanta paura. 
Sì perché insieme al santo giungono anche dei demoni spaventosi chiamati Krampus.
Il nome di queste creature deriva dal tedesco e significa "morto, in decomposizione" ma anche "artiglio".
I demoni, dal viso sporco e terrificante, vestiti di pellicce logore e armati di catene, girano per le strade alla ricerca di bambini cattivi da frustare e, a volte, da rapire. 
Il Krampus cerca in particolare quei bambini che durante l'anno sono stati monelli, e una volta catturati li getta nel kraxn, il grande cesto che porta sulle spalle. 
La loro leggenda narra che un diavolo, a dicembre, si fosse cammuffato e intrufolato in una banda di giovani ladri per derubare le persone delle provviste dei poveri cristiani. I ragazzi lo riconobbero a causa dei suoi piedi caprini, così venne chiamato San Nicola affinché lo esorcizzasse. 
In realtà l'origine di queste creature è ben più antica, si parla di questi demoni già in epoca precristiana, come i troll ladruncoli di Yule e la loro mamma Grýla, dalla tradizione islandese, una famiglia di orchi che rapiscono e mangiano i bambini che non si sono comportati bene durante l'anno.
La presenza di San Nicola denota l'usuale contaminazione tra il paganesimo e le tradizioni cristiane successive. 
Il Santo è protagonista di diverse leggende in cui si trova a fronteggiare demoni e creature malvage, scontri da cui ne esce sempre vincitore. 
Nicola ridusse in schiavitù anche il Frate Fustigatore, Pere Fouettard, reo di aver macellato dei ragazzini. 
Date le sue caratteristiche fisiche e i suoi usi possiamo considerare il Frate una trasposizione francese del Krampus.
Io vivo in Trentino, e in queste terre come ho scritto all'inizio i Krampus sono molto conosciuti.
E temuti.
Tante generazioni di bambini, me compresa, hanno partecipato alla sfilata di San Nicola, e tutti si sono nascosti dietro ai cappotti di mamma e papà per non farsi vedere dai terribili diavoli e per sfuggire alle loro catene. 
Ancora oggi si sconsiglia di togliere la maschera ad un krampus, non solo questo gesto porta sfortuna, ma in fondo non si può mai sapere chi si nasconda davvero dietro a quel volto spaventatoso...un uomo travestito...o forse il diavolo in persona?