venerdì 31 dicembre 2021

Gli spiriti di un gelido inverno.


Charles Dickens ne il suo "Canto di Natale" racconta di un uomo, Ebenezer Scrooge, che la vigilia di Natale riceve la visita di tre spiriti.
I fantasmi del tempo, del Natale passato, presente e futuro.
L'intento di queste visite e di fare redimere Scroodge dalla sua avidità, mostrandogli le sue colpe e mancanze sperando che comprenda di dover cambiare.
La trama è nota ed è stata trasposta in numerosi film e cartoni.
Ciò che racconta Dickens si basa su antiche tradizioni del periodo invernale, ad antiche credenze di Yule, diffuse in tutta Europa.
Gli spiriti tornano tra noi anche durante i freddi giorni di inverno.
I riti di accoglienza degli spiriti e le questue in suffragio delle anime dunque non sono una caratteristica solo dei giorni di Samhain.
Anche durante il periodo di Yule fino all'Epifania il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti si apre, permettendo agli spiriti di tornare tra noi.
E i vivi si preparano ad accoglierli.
Come a Samhain non tornano solo i fantasmi degli antenati, ma anche le anime adirate di chi è morto prima del tempo, e inquietanti creature infernali.
Pertanto i rituali di Yule non sono solo di accoglienza ma anche di protezione.
Anche l'Italia ha una tradizione a riguardo, e con gli anni questi usi si sono mescolati con la nuova fede cristiana, assumendo una nuova forma.
Riti pagani e preghere cristiane si avvicendano in queste notti di inverno, entrambi importanti e celebrati.
Come a Samhain si preparano cibo e acqua per gli spiriti, si lascia un uscio o una finestra accostate così che le anime capiscano che in quella casa sono le benvenute.
Il fuoco dei camini e delle stufe viene lasciato acceso in modo che la sua luce sia evidente da chi giunge da fuori e riconosca la casa come un ambiente sicuro e accogliente.
In Trentino si lascia un lume acceso accanto alla culla dei neonati, cosicché gli spiriti o Gesù bambino benedicano il pargoletto.
In Friuli si brucia del cibo sul ceppo del camino, un'offerta per i defunti che tornano a casa.
Come a Samhain in Emilia non si sparecchia la tavola, la si lascia imbandita per gli spiriti degli antenati che cercheranno ristoro.
In Toscana era d'uso invitare a casa i viandanti incontrati per caso, essi infatti potevano essere degli spiriti di parenti defunti, ormai irriconoscibili, affinché si rifocillassero e potessero dormire in un letto caldo.
In altre regioni come le Marche e l'Abruzzo si lasciavano delle zuppe di legumi alla finestra.
In Campania era d'uso rimuovere gli oggetti pericolosi e acuminati dalle dimore, potevano infatti spaventare gli spiriti degli antenati.
Anche al sud, in Puglia, Sicilia, Basilicata, si prepara la cena per i morti e si riscaldano le stanze per ospitarli.
Rituali e accortezze per accogliere, ma anche tradizioni e riti per proteggersi.
I morti che tornano sulla terra non sono tutti benevoli, ed è possibile incontrare creature malvagie in queste notti.
I vivi dunque si organizzano, e proteggono le case e le famiglie. 
In tutta la penisola si usa fare rumore, si battono le pentole, si urla, risuonano le campane delle chiese, si creano sonagli da appendere alle porte, si spara con i fucili e le pistole.
Spari che uccidono l'anno vecchio permettendo al nuovo di nascere. 
Questa usanza che poi si è trasformato nella tradizione dei botti di mezzanotte a Capodanno.
Nelle notti di inverno si purifica la casa con fumenti e fumigazioni, si bruciano i rami dei sempreverde, le bacche di ginepro.
Il ginepro è una pianta sempreverde che da secoli viene identificata come ricca di proprietà magiche in grado di allontanare le entità maligne.
Già nell'antica Grecia si credeva che il ginepro tenesse lontani i serpenti velenosi, inoltre con le due bacche di creavano antidoti contro il veleno di questi rettili.
È evidente l'associazione che venne fatta secoli più tardi con l'avvento della cultura cristiana.
Il serpente era divenuto rappresentazione del male e veniva associato alla figura del diavolo, pertanto al ginepro vennero attribuite nuove proprietà.
Le sue fumigazioni potevano tenere lontano i demoni, e addirittura potevano curare malattie quali la lebbra e la rogna.
Questa credenza medica perdurò quasi fino al 1900.
A Parigi nel 1870 si usarono suffumigi di ginepro negli ospedali e nelle case come protezione contro un'epidemia di vaiolo.
In Italia il ginepro viene usato in molteplici modi, si affumica e brucia, si usa come ornamento, le sue bacche sono l'ingrediente di molti liquori e grappe.
Secondo alcune tradizioni mettere dei rami di ginepro sulle porte terrebbe lontane le streghe, i fantasmi e i diavoli. 
In Trentino si fa un uso simile dell'agrifoglio.
Tornando ai bracieri, in Lombardia si brucia anche la bava dei bachi da seta.
Sempre in Trentino venivano gettati nel braciere i rami dell'ulivo pasquale benedetto, palline di resina di pino.
Il capofamiglia benediva la casa e la stalla con acqua benedetta recitando il Padre nostro.
In Friuli questa benedizione viene celebrata dal sacerdote che va di casa in casa.
La cenere dei roghi viene sparsa sulle soglie o la si usa per tracciare delle croci sulle porte, essa impedirà agli spiriti di entrare.
Anche gli animali delle fattorie e degli allevamenti vengono segnati con la cenere, nel timore che gli spiriti possano fare loro del male.
In Piemonte per la messa di mezzanotte le ragazze si travestono da vecchiette con tanto di parrucche, per non essere riconosciute e tormentate dai fantasmi.
Anche in Friuli ci si traveste, si indossano tuniche bianche e si battono i portoni, si suonano campanacci, tutto per spaventare gli spiriti maligni.
In Toscana usava portare con sé i forconi durante la messa di mezzanotte, un'arma contro eventuali attacchi degli spiriti.
A Firenze esisteva un'usanza piuttosto macabra, ovvero quella di rilasciare all'interno delle chiese degli animali che venivano massacrati dalla folla di fedeli.
Per volere di Savonarola questa terribile tradizione venne sospesa nel 1494, ma alla sua morte avvenuta nel 1498 l'usanza riprese a essere celebrata.
Quell'anno nella chiesa di Santa Maria del Fiore si procedette al martirio di un cavallo.
Ci volle un bando cittadino del 1533 per fermare definitivamente questa barbarie.
L'usanza di introdurre animali sacrificali nelle chiese era presente anche nel napoletano.
Il colore rosso come sappiamo è molto usato a Capodanno, tradizione vuole che porti fortuna per il nuovo anno.
Ciò deriva dai rituali difensivi di questo periodo.
Drappi di colore rosso venivano appesi alle finestre, probabilmente un retaggio biblico di quel sangue di capretto che gli ebrei, schiavi in Egitto, usarono per segnare le loro porte e salvarsi dall'angelo della morte.
In Sardegna le chiese diventavano luoghi di divertimento, con tanto di musica e spettacoli di burattini, il fragore delle risate e gli strumenti musicali erano uno spauracchio per gli spiriti malvagi.
In questi giorni tra Natale ed epifania in molte regioni vigeva il divieto di filare.
Addirittura i filati andavano nascosti.
Gli spiriti ne erano attratti e vi rimanevo impigliati.
Infatti la filatura era legata alla figura delle Parche, le divinità greche che tessevano il destino degli esseri umani. 
Il filo rappresenta la vita umana nel suo dipanarsi, prendere forma ed essere reciso.
I morti si accostano a chi ricama, a chi tesse e usa gli arcolai, nella speranza di potersi allacciare a quel filo che potrebbe essere un nuovo inizio.
Non solo le Parche ma anche come Frau Bertcha e Frau Holda, figure femminili del folklore teutonico che ritroviamo nel personaggio della Befana, ma di lei parleremo in un altro momento.

domenica 19 dicembre 2021

La luce di Yule, una strada antiche che ci guida verso il Natale.


Le radici del Natale sono più antiche del cristianesimo.
Come abbiamo detto più volte le festività cristiane come le conosciamo oggi sono il frutto di un’integrazione con le celebrazioni pagane già presenti da secoli sul territorio.
Abbiamo già approfondito il contributo delle feste dei Saturnali e delle celebrazioni di Hanukkah, oggi scopriamo che l'origine va ricercata anche nei rituali della festa pagana di Yule.
Yule era, ed è per i fedeli del neopaganesimo e della Wicca, la festa del solstizio d'inverno, che cade nei giorni che vanno dal 20 al 22 dicembre.
Il solstizio d'inverno prevede una serie di riti il cui scopo era quello di supportare la rinascita del Sole e il nuovo allungarsi delle giornate, in favore della nuova stagione agricola.
Si creavano luminarie per contrastare il buio e riscaldarsi dal freddo tipico di questi giorni.
In questi giorni era usanza accendere fuochi e candele per prepararsi all’arrivo di Yule, per meditare e celebrare rituali legati all’avvento del solstizio.
La Luce che si fa largo nell’oscurità, la luce che illumina il nostro cammino.
I fuochi del solstizio hanno anche una funzione purificatrice, la loro fiamma allontana non solo il freddo e la tenebra ma anche le malattie.
I falò d'inverno tengono lontane anche le creature degli inferi che in questi giorni tornano sulla terra. Come Samhain anche Yule è infatti un tempo fuori dal tempo.
Il confine tra io mondo dei vivi e quello dei morti è più labile, spiriti ed entità benevole e malevole tornano sulla terra. I fuochi del solstizio accolgono o allontanano, a seconda di quale spirito si presenta sotto la loro luce. 
I rituali pagani di Yule e quelli cristiani si sono intrecciati nel corso dei secoli proprio nella bellezza delle loro luci, dando vita a quello che ora noi chiamiamo Natale, tema questo che approfondiremo più avanti.
D'altronde la stessa corona di cui parlavo nell’articolo sull’Avvento prima richiama il simbolismo di Yule.
I rami di sempreverde sono la natura che sopravvive al freddo e che rinasce, il cerchio è simbolo di unità e ciclicità delle stagioni, le candele altro non sono che un richiamo alla luce dei falò del solstizio.
Col tempo questo simbolismo è diventato nella tradizione cristiana l'immagine dell'eternità di Dio e della Sua luce che rischiara il mondo nella notte più buia.
Yule è il sabba del solstizio d'inverno, che cade tra il 21 e il 22 dicembre. 
Il suo nome nelle lingue germaniche e nordiche (Jòl ma anche Hjol) significa "ruota", infatti a Yule la ruota delle stagioni ricomincia la sua risalita. L'anno vecchio muore, così come il sole, il quale però allo stesso tempo in questa giornata ritrova la sua forza, un poco alla volta, e inizia la sua rinascita. 
Si celebra la morte del Re Agrifoglio in favore del Re Quercia, le due divinità si sfidano ciclicamente dandosi il cambio durante l'anno nel vegliare sul mondo e sugli uomini.
Il Re Quercia è la luce che sconfigge il Re Agrifoglio e assicura la rinascita della terra fino al solstizio d’estate.
Viceversa il Re Agrifoglio avrà la meglio sul Re Quercia al solstizio d’estate per garantire il ritorno dell'oscurità, che in questo caso è ristoro e crescita, fino al solstizio d’inverno.
Entrambi i re sono indispensabili e necessari, essi garantiscono l'equilibrio perfetto che permette alla natura di vivere, morire, e rinascere.
Yule, il giorno più breve, la notte più lunga.
Madre natura partorisce un sole giovane, ancora debole ma che acquista forza e splendore col passare del tempo. È un richiamo al ritorno alla luce, alla rinascita.
Infatti a Yule la natura si veste di bianco e di freddo, riposa, in attesa.
Non è debolezza, né paura, è un fermarsi necessario.
Questo periodo di celebrazioni era dedicato alla riflessione, al ritrovare nuove energie aspettando una nuova primavera.
Yule, come ogni festività vissuta con devozione, è ricco di simboli e tradizioni.
Simbolo indiscusso di Yule è la vegetazione sempreverde, i pagani addobbavano le loro case con abeti, agrifogli, vischio, piante che anche in inverno sopravvivono, nonostante la natura attorno a loro si addormenti. 
Gli abeti e i pini erano gli alberi benedetti di questo solstizio, i loro rami venivano portati nelle case e addobbati, usati sugli altari, a simboleggiare la vita che resiste al freddo e all’oscurità dell’inverno.
Durante le processioni e i rituali per celebrare Yule i popoli germanici erano soliti suonare strumenti dal suono argenteo e cristallino come richiamo per gli spiriti durante i riti del solstizio, per garantirsi protezione, fortuna e prosperità. 
Sugli altari venivano infatti lasciati doni e offerte, in cambio di benevolenza. 
Durante il solstizio si tagliavano dei ceppi di sempreverde, che venivano fatti ardere nei falò e nei camini.
I resti di questo legno venivano poi conservati come portafortuna per il nuovo anno, si credeva infatti che le sue ceneri avessi proprietà magiche e terapeutiche.
Nelle terre scandinave i bambini costruivano la Yule Goat, detta anche capra di Thor.
Il suo nome varia a seconda del Paese, Julbock (Svezia), Julebukk (Norvegia), o Joulupuuki (Finlandia).
La capra è connessa alla venerazione del Dio nordico Thor, che viaggiava sul suo carro trainato da due capre, Tanngrisnir and Tanngnjóstr, attraverso il cielo.
La capra di Yule è collegata anche alla leggenda di un uomo misterioso, primitivo, vestito di pelli e con corna sul cappello, che portava i dolcetti ai bambini buoni.
In questo periodo le case venivano addobbate con queste bellissime caprette di paglia e vimini, di solito abbellite da nastrini colorati e campanelli.
In origine la capra veniva fatta con il grano dell’ultimo raccolto, il quale si diceva avesse grandi proprietà magiche. 
I simboli e le tradizioni popolari del solstizio rivivono tutt'oggi durante il periodo natalizio.
La simbologia laica del Natale è indubbiamente ispirata dalle usanze di Yule.
L'albero di Natale, il bacio sotto al vischio, il tronchetto, le rassicuranti lucine che colorano le nostre case e le strade, sono tutti retaggi culturalmente riadattati delle celebrazioni pagane di Yule.
Guardando invece al Natale cristiano notiamo come anche nel caso di questa festività pagana i missionari giunti nelle terre germaniche e scandinave abbiano saputo intrecciare le usanze antiche con la nuova religione cristiana che stavano diffondendo, per rendere più semplice la conversione dei popoli autoctoni.
Il giovane sole che nasce, i re che si avvicendano durante i solstizi vennero presi come spunto per narrare la storia della nascita di Gesù, colui che avrebbe scalzato ogni altro regnante.
Anche il concetto di rinascita ciclica fu molto utile per spiegare la morte e la resurrezione di Cristo.
Ma questa mescolanza non fu a senso unico.
Yule, così come i Saturnali, hanno influenzato di rimando le celebrazioni cristiane, tanto da fare spostare la data della nascita di Gesù al 25 dicembre.

mercoledì 1 dicembre 2021

Il 25 dicembre, dai Saturnali al Natale cristiano.


Il Natale è una festa universale che racchiude in sé l'eco tangibile di tradizioni antiche.
Spesso questo dettaglio viene accantonato, volutamente o meno, in nome dell'integralismo culturale e religioso.
Ma è sbagliato delimitare l'essenza del Natale unicamente al cristianesimo, infatti l'appartenenza alla fede cristiana è solo l'ultimo atto della creazione di questa festività, il contributo finale, la sua denominazione.
Il Natale come lo conosciamo oggi è frutto di una bellissima integrazione tra culture e fedi diverse.
La religione romana, i rituali pagani di Yule, le tradizioni ebraiche di Hanukkah.
Di quest'ultima ad esempio abbiamo parlato in precedenza: Gesù e soprattutto i suoi discepoli, nati nella fede giudaica, hanno attinto alle usanze del loro popolo di origine per celebrare le nuove festività dei primi cristiani.
Oggi parliamo di una celebrazione antica che in particolare ha influenzato gli usi e le tradizioni del Natale cristiano, i Saturnali.
In quello che si tempi era il decimo mese del calendario romano, December, nell'impero Romano si avvicendavano diverse celebrazioni.
Il 13 dicembre avevano luogo i Telluri, feste dedicate a Cerere, dea della terra; il 15 si festeggiavano i Consualia, in onore del Dio del grano, Conso. 
I Saturnali o Saturnalia erano una delle maggiori e popolari feste religiose di Roma, si celebravano ogni anno dal 17 al 23 dicembre in onore del dio Saturno.
In origine erano una festa agricola dedicata solamente alla dea Opa, compagna di Saturno, che vegliava sull'abbondanza dei raccolti.
I Saturnali erano molto amati in quanto erano considerati un periodo di trasgressione, in questi giorni al popolo romano venivano offerti banchetti e giochi circensi, veniva permesso il gioco d'azzardo, inoltre per un giorno gli schiavi potevano vivere da uomini liberi.
Ci si mascherava, anche facendosi beffe degli uomini politici più importanti, senza paura di ritorsioni.
Le scuole chiudevano, era proibito dedicarsi al lavoro agricolo, alla politica e alla guerra. 
Le città venivano addobbate con ghirlande di fiori invernali e fiaccole.
I Saturnali prevedevano sacrifici di animali nei templi dedicato a Saturno, per accattivarsi la sua benevolenza e ottenere prosperità e abbondanza nell'anno a venire.
In questi giorni ci si scambiava piccoli doni, anche tra padrone e servitù, in nome della fraternità e dell'uguaglianza.
Tra i doni più diffusi c'erano dolci di noci, datteri e miele, e delle statuette d’argilla rossa, le strenne, in onore della déa del solstizio d'inverno, Strenua.
Terminati i Saturnali, il 25 dicembre si festeggiava un’altra ricorrenza importante per i Romani, quella del Dies Solis Invicti, cioè la Natività del Sole Invincibile, che secondo il mito sconfiggeva le tenebre portando nuova luce nel mondo.
Fu l'imperatore Aureliano, nel 274 dC, a introdurre a Roma per primo l'immagine del Sole invitto all'interno delle celebrazioni dei Saturnali, ispirandosi alla divinità siriaca a cui dedicò il tempio di Campo Marzio. In questo modo l'imperatore pensò di poter unire le diverse forme religiose presenti nell'impero sotto il culto del Sole.
Le radici del Natale sono particolarmente evidenti in questa festività romana.
Abbiamo già precisato che il Natale è nato dalla commistione di diverse tradizioni, e si può affermare che il contributo maggiore arriva proprio dai Saturnali romani, soprattutto se ci soffermiamo a riflettere sulle similitudini con le usanze natalizie dei giorni nostri.
A Natale la società si ferma (certo, un discorso a parte lo meriterebbe il tema del consumismo...) ci si riunisce per festeggiare in famiglia e scambiarsi i doni, riscoprendo una nuova generosità.
Il Natale cristiano in particolare onora un evento speciale, la nascita di Gesù Cristo, colui che porterà la luce in un mondo oscuro, colui che dovrebbe segnare una nuova era di pace e fratellanza.
Ho spesso ricordato nei miei articoli che le usanze religiose pagane hanno avuto notevole influenza sulle celebrazioni cristiane.
Il caso dei Saturnali è emblematico, perché ha condizionato in modo sostanziale le norme cristiane. 
La necessaria convivenza armonica tra la cultura pagana e il cristianesimo portò alla decisione di spostare la data della nascita di Cristo dai primi di gennaio al 25 dicembre, per farlo combaciare con la celebrazione romana del Sol Invictus. 
Le due celebrazioni vivranno una a fianco all'altra per molti secoli, la loro sovrapposizione non fu immediata come si può erroneamente pensare.
La prima testimonianza della celebrazione del Natale il 25 dicembre come Dies Natalis Christi risalirebbe infatti solo alcuni secoli dopo la morte di Gesù.
Infatti è solo con il IV secolo dC che il calendario cristiano inizia a prendere forma, ciò avviene grazie all'influenza di due calendari: quello romano e quello ebraico.
L’influenza giudaica si percepisce soprattutto nella divisione della settimana in 7 giorni anziché i 10 del calendario greco, e nella ripresa del concetto di giorno in cui riposarsi. Il calendario cristiano porterà questo giorno dal sabato alla domenica, il giorno dedicato al Signore, in cui vige l’interdizione dal lavorare.
Dal calendario ebraico si riprende l’uso di una festa mobile, la Pasqua, con una data che varia a seconda dei cicli lunari, e la si affianca con le festività fisse già presenti nel calendario romano.
C’è quindi un’unione tra il calendario solare e quello lunare.
Il riposo domenicale e i criteri per fissare le date della Pasqua (la prima domenica dopo il plenilunio successivo all’equinozio di primavera) furono decretati dal concilio di Nicea del 325 dC.
Dalla Pasqua dipenderà poi l’Ascensione, 40 giorni dopo, e la Pentecoste, 50 giorni dopo.
La Chiesa a questo punto decise che le date dedicate alla nascita di Gesù e ai principali santi e apostoli dovessero essere poste in giorni già dedicati ad altre feste e celebrazioni del calendario precristiano, conservando alcuni contenuti e significati.
Per questo come dicevamo venne scelto il 25 dicembre, giorno in cui si celebravano la nascita del dio Mitra e culmine delle feste per il Sole Invitto, come data della venuta di Gesù Bambino.
La nascita di Gesù viene associata a quella del Sole invincibile, questo accostamento fu possibile anche grazie ad alcuni richiami evangelici, ad esempio Giovanni 8, che recita: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre
Inoltre molte rappresentazioni di Gesù lo raffiguravano come un nuovo Apollo circondato da aureole di luce dorata, ne abbiamo alcuni esempi nelle catacombe cristiane di Roma.
Dunque le basi per il successo di questo accostamento erano già di per sé favorevoli.
Inoltrerò diversi teologi già affermavano che Gesù fosse nato il 25 dicembre.
Per avere una datazione ufficiale e comunemente accettata dalla società dell'epoca si dovrà attendere il 336 dC, informazione che troviamo nel Calendario Romano Filocaliano del 354. La presenza di questa data nel calendario fa presupporre che questa essa venisse festeggiata anche negli anni precedenti.
Un ruolo importante in questa sovrapposizione lo giocò senza dubbio la politica dell'imperatore Costantino, basta pensare all'editto di Milano (313 dC) firmato da lui e Licinio, chiamato anche editto di tolleranza, che permise la libertà della confessione cristiana e non solo, accostò volutamente la figura del Dio cristiano a quella del Dio sole, quasi senza fare particolari distinzioni tra le due.
Successivamente a questo accordo Costantino promosse con insistenza il culto del Dio dei cristiani ed emanò leggi chiaramente ispirate e a favore del al culto cattolico, influenzando inevitabilmente gli usi del popolo romano.
Da lì in poi, generazione dopo generazione, la celebrazione del Natale cristiano inizierà a sostituire nella cultura e nella religiosità popolare quella del Sol Invictus, in particolare con la'editto di Teodosio del 392 dC, con il quale saranno proibiti i culti pagani pubblici e privati sul territorio dell'impero.
Le tradizioni romane dei Saturnali furono comunque conservate ancora per tanti secoli nei territori più rurali e l'aristocrazia più fedele, l'evangelizzazione non toccò certi ambienti fino al V secolo, VIII secolo addirittura nei territori germanici.
Nonostante la cristianizzazione, spesso violenta, dell'Europa l'anima e le usanze dei Saturnali sono ancora visibili e celebrate ai giorni nostri, anche se con nomi e aspetti diversi.
Una radice che non è stata e non sarà mai estirpata del tutto.