Il caso di Emanuela Orlandi sarà riaperto.
A 40 anni dalla scomparsa è papa Francesco a chiedere la riapertura del caso e avrebbe incaricato la gendarmeria di controllare nuovamente i documenti, i fascicoli, le testimonianze.
La notizia ha ovviamente colto tutti di sorpresa e ha dato nuova speranza alla famiglia della ragazza che non ha mai smesso di combattere affinché la verità venisse rivelata.
Ci si chiede cosa abbia spinto il Vaticano verso questa scelta.
Sicuramente ha pagato la tenacia della famiglia, rappresentata dal fratello Pietro, che mai si è arresa nel cercare Emanuela.
La morte del papa emerito Joseph Ratzinger avvenuta il 31 dicembre 2022 sembra essere la chiave di questa decisione, come se la sua dipartita avesse finalmente permesso di rivelare i segreti nascosti in Vaticano.
Segreti che in parte erano già stati resi pubblici con l’inchiesta Vatileaks.
Se è vero che la loro totale veridicità è ancora da dimostrare queste indiscrezioni ci raccontano di un labirinto di scandali molto radicati alla corte dei papi.
Tra questi scandali da tenere nascosti ci sarebbe anche la vicenda di Emanuela Orlandi.
La storia è nota, la riassumo brevemente, se volete un racconto più esaustivo e dettagliato vi consiglio la serie Netflix Vatican girl, documentario che ha riportato l'attenzione del pubblico sul caso.
Emanuela Orlandi era (o è, dato che non è mai stata provata la sua morte) una cittadina vaticana, figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia.
Viveva nella città del Vaticano insieme ai genitori, le sorelle e il fratello.
Nel 1983 aveva 15 anni e frequentava il liceo scientifico e studiava musica e canto presso l'Accademia di Musica Tommaso Ludovico da Victoria.
Una vita come quella di tante adolescenti.
Solo che un giorno di quell’anno Emanuela scompare.
Esce di casa per andare all’Accademia, ma non tornerà mai più a casa.
La famiglia affigge manifesti, fa appelli televisivi, persino papa Giovanni Paolo II durante l’angelus prega affinchè Emanuela sia ritrovata.
Sulla sua scomparsa sono state fatte numerose ipotesi.
Alcuni giorni dopo aver denunciato la scomparsa di Emanuela la famiglia comincia a ricevere numerose telefonate, viene detto loro che la figlia è stata rapita dal gruppo terroristico dei Lupi grigi che chiede la liberazione di Mehmet Alì Agca, l’attentatore turco di papa Giovanni Paolo II.
Ma sarà lo stesso Agca a smentire, dicendo di non sapere nulla a riguardo e che pregherà per Emanuela.
Il giorno della scomparsa Emanuela aveva parlato alla sorella di un rappresentante di prodotti cosmetici della Avon che assumeva adolescenti per la vendita e distribuzione di campioncini nei centri commerciali, le indagini si muoveranno in quella direzione per poi arenarsi dato che l'azienda spiegò che al momento non avevano rappresentanti di sesso maschile.
A un certo punto si farà avanti anche un uomo che sosterrà di aver lavorato per i servizi segreti e di aver rapito non solo Emanuela, ma anche un’altra ragazza scomparsa poco prima di lei, Mirella Gregori, anche lei adolescente, con l’intento di ottenere l’attenzione del Papa e del presidente della Repubblica.
Una delle piste più seguite è quella che riguarda il coinvolgimento di Enrico De Pedis, detto “Renatino”, capo della banda della Magliana.
Nel 2008 la sua ex compagna Sabrina Minardi racconta a una giornalista Rai che De Pedis negli anni ‘80 aveva tenuto prigioniera una ragazza per alcuni giorni in una casa fuori Roma, un favore fatto a qualcuno di molto importante in Vaticano.
"È tutto un gioco di potere.” le avrebbe detto De Pedis per spiegare la presenza di quella ragazza “Sta ragazza te la devi scordare.” aveva concluso poi.
Sarà la stessa Minardi a consegnare questa ragazza, sedata e in stato confusionale, a un alto prelato in Vaticano.
L'ex compagna del boss però precisa che in quegli anni era dedita all’uso di droghe, per cui i suoi ricordi potrebbero non essere sempre precisi. E infatti per gli inquirenti la sua testimonianza è stata giudicata incoerente e inattendibile, anche perchè la Minardi cambierà poi versione e aggiungerà dettagli che saranno confutati da prove.
Ad oggi nessuno ha saputo dare risposte a questa famiglia.
Nel 2013 Papa Bergoglio in un incontro con Pietro Orlandi gli dirà semplicemente che la ragazza è in cielo, senza aggiungere altro.
Ali Agca tornerà poi alla ribalta accusando papa Giovanni Paolo II di avergli chiesto di mentire:
"Papa Wojtyla credeva profondamente nel Terzo Segreto di Fatima e credeva anche nella missione che Dio gli assegnava, ovvero la conversione della Russia. Wojtyla in persona voleva che io accusassi i Servizi segreti bulgari e quindi il Kgb sovietico. Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella (Gregori, nda) vennero rapite".
Agca fa ulteriori rivelazioni al giornalista Andrea Purgatori, che è anche la voce guida del documentario Vatican girl:
"Da quarant'anni si ripetono sempre le stesse cose. Quando non c'è la verità, quando c'è la menzogna che continua, questo può danneggiare sia il Vaticano che Emanuela Orlandi. C'è solo una verità, una sola: Emanuela è collegata con il terzo segreto di Fatima. Un gruppo di persone dentro il Vaticano hanno organizzato questo intrigo, fatto di servizi segreti e poteri occulti. A che cosa doveva servire il rapimento di Emanuela Orlandi? Soltanto per ottenere la mia liberazione. Se qualcuno in Vaticano volesse, Emanuela tornerebbe a casa anche domani. Secondo me Emanuela è ancora viva".
Ma se Alì Agca si era sempre dichiarato estraneo ai fatti perché ora cambia versione?
Non abbiamo ancora la risposta a questo quesito.
40 anni di indagini, di depistaggi, di vicoli ciechi.
E soprattutto di omertà.
C’è però una pista che per anni è stata accantonata e di cui nessuno ha voluto parlare.
Nel documentario Vatican girl un’amica di Emanuela racconta di un fatto molto inquietante.
La Orlandi le avrebbe riferito di pesanti avance ricevute da un prelato in Vaticano, un uomo vicino al Santo Padre Giovanno Paolo II.
Una voce, forse un pettegolezzo.
O forse no.
A parlarne apertamente è il celebre esorcista padre Gabriele Amorth, scomparso nel 2016.
In un’intervista del 2012 al quotidiano La Stampa Amorth dice: “Non ho mai creduto alla pista internazionale, ho motivo di credere che si sia trattato di un caso di sfruttamento sessuale con conseguente omicidio poco dopo la scomparsa e occultamento del cadavere”. E ancora: “Nel giro era coinvolto anche personale diplomatico di un'ambasciata straniera presso la Santa Sede.”
Amorth parla di un gendarme che reclutava le ragazzine e le presentava ai prelati.
Questa intervista ha ovviamente scatenato molte polemiche.
Dal suo sito internet Pietro Orlandi fece sapere che “Amorth lo conosco , ho parlato con lui qualche mese fa, non ha idea di cosa possa essere accaduto ad Emanuela. (...) “Non mi sono mai interessato a questo caso” mi disse “Posso dirti soltanto che le modalità del sequestro sono le tecniche usate dagli adescatori di sette sataniche ma altro, ti ripeto, non saprei cosa pensare”.
Quindi a cosa si riferiva padre Amorth?
L’esorcista si è successivamente lasciato andare a qualche battuta sul fatto che i giornalisti hanno volutamente distorto le sue parole per fare pubblicità al suo nuovo libro, in uscita in quei giorni.
Ma cosa ha scritto padre Amorth nel suo libro?
In uno dei capitoli de L’ultimo esorcista padre Amorth racconta di aver spesso conversato con Luigi Marinelli, autore (all’inizio anonimo) del discusso Via col vento in Vaticano.
Marinelli era indeciso se pubblicare il libro, in cui parla anche di pratiche poco chiare, “che si avvicinano al satanismo”, dice Amorth.
Di seguito l’esorcista scrive:
“Vorrei, in proposito, fare un esempio. Parlare di una vicenda relativamente recente nella quale, a mio avviso, quella parte minoritaria che dentro le sacre mura lavora per il male e non per il bene può aver preso il sopravvento. È la vicenda che prende il nome di Emanuela Orlandi. Emanuela Orlandi è una ragazza di quindici anni, figlia di un dipendente del Vaticano, precisamente di un dipendente che lavora nella prefettura della casa pontificia, uno insomma che nel suo lavoro ha occasione spesso di vedere da vicino il Papa. Emanuela è una ragazza solare e vivace. Improvvisamente il 22 giugno del 1983 scompare. Ancora oggi non è stata trovata. Scompare dopo essere andata a lezione di musica. Emanuela, infatti, suona il flauto presso la chiesa di Sant’Apollinare dove c’è una sorta di conservatorio. Secondo le ultime informazioni raccolte prima della sua scomparsa, Emanuela sale su una macchina nera. Ma non è certo. È sicuro che alle 19.15 è stata vista per l’ultima volta da due compagne di scuola, in corso Rinascimento. Dopo di che di Emanuela non si sa più nulla, sparisce. Pochi giorni dopo appaiono molti manifesti con l’immagine di Emanuela per tutta Roma e con l’appello perché chiunque l’abbia vista nelle ore precedenti o successive alla sua sparizione si faccia avanti. Nei giorni successivi, e ancora nei mesi e negli anni successivi, si dice di tutto riguardo a questo rapimento. Le tesi sulla scomparsa della povera Emanuela restano molteplici. Non voglio elencarle. Voglio soltanto dire cosa penso io.
Premetto però che non parlo perché sono a conoscenza di fatti, ma parlo riportando quelle che sono le mie sensazioni. Le sensazioni che da subito ho provato quando ho saputo della scomparsa della giovane Emanuela. Io penso che una ragazza di quindici anni non sale su una macchina se non conosce bene la persona che le chiede di salire. Credo che occorrerebbe indagare dentro il Vaticano e non fuori. O comunque indagare intorno alle persone che in qualche modo conoscevano Emanuela. Perché secondo me solo qualcuno che Emanuela conosce bene può averla indotta a salire su una macchina. Spesso le sette sataniche agiscono così: fanno salire su una macchina una ragazza e poi la fanno sparire. Il gioco è facile purtroppo. Fanno salire in macchina la loro preda, la narcotizzano con una siringa e poi fanno di questa ragazza ciò che vogliono. Beninteso, mi auguro che le cose non stiano in questo modo. Mi auguro che se davvero, come penso, di setta satanica si tratta, almeno questa setta non abbia nulla a che vedere con il Vaticano. Mi auguro che questa storia che sembra non finire mai finisca presto. Ma non mi esimo dal dire che spesso in tutto il mondo scompaiono giovani donne in questo modo. Può sparire una ragazza così vicina a un luogo che dovrebbe essere santo come è il Vaticano? Purtroppo sì. Perché Satana è ovunque. Satana attacca i sacerdoti e le persone che si sono consacrate a Dio, soprattutto. Perché colpire un sacerdote significa trascinare all’inferno tante altre persone.”
Cosa insinua dunque padre Amorth?
Ci sono stati effettivamente in Vaticano questi festini a base di sesso e droghe, dove giovani ragazze venivano violentate da alti prelati?
Emanuela era una di loro? E’ stata rapita, violentata e uccisa, il suo corpo occultato chissà dove?
Padre Amorth parla di sensazioni, non di fatti.
Ma queste sensazioni nascono evidentemente da un malessere reale, di un uomo che conosce il Vaticano e sicuramente conosce il Male.
Nel suo libro padre Amorth ci dice che molte cose descritte da Marinelli in Via col vento in Vaticano sono vere.
Quindi qualcosa di reale c’è.
Amorth ci racconta di una “parte minoritaria che dentro le sacre mura lavora per il male e non per il bene può aver preso il sopravvento.”
Marinelli nel suo libro fa riferimento a infiltrazioni massoniche in Vaticano, una setta segreta che opererebbe principalmente per gestire l’enorme patrimonio vaticano.
Una piovra, così la chiama l’autore, che tira le fila di ogni operazione.
Che in Vaticano non fossero tutti santi lo sapevamo, ma le parole dell’esorcista ci guidano a riflettere sull’entità di questa rivelazione.
Padre Amorth mette insieme alcune cose: la presenza del male nelle “sacre stanze”, un gruppo di prelati dediti alla pedofilia, i rapimenti ad opera delle sette sataniche.
Sembra la trama di un film horror.
Un film che però potrebbe benissimo essere tratto da una storia vera.
Molti dettagli fanno pensare a un fondo di verità in ciò che ha raccontato padre Amorth.
Lo stesso Pietro Orlandi aveva raccontato che nei giorni successivi alla scomparsa di Emanuela i gendarmi del Vaticano erano andati subito ad interrogare certi prelati, noti per il loro interesse per i ragazzini e le ragazzine.
In questo quadro acquista un senso la figura di Enrico De Pedis, che rapisce Emanuela per fare un piacere a un prelato.
Questo gesto di De pedis sarebbe stato ricompensato con una prestigiosa sepoltura in una chiesa Vaticana, la salma del boss della banda della Magliana infatti ha riposato nella basilica di Sant’Apollinare fino al 2012 per volere del cardinale Ugo Poletti, allora presidente della CEI.
La motivazione ufficiale della Santa Sede per questa concessione è che De Pedis era un uomo molto generoso che si prodigò per i poveri.
Ma stiamo pur sempre parlando di uno dei boss di una delle bande criminali più sanguinarie di Italia, un uomo che si è macchiato di numerosi crimini.
Sembra sospetto che l’elemosina per i poveri sia bastata per perdonare e cancellare i peccati di De Pedis tanto da permettergli una sepoltura in una chiesa del Vaticano.
Inoltre la versione della Minardi, nella sua incoerenza e confusione, viene confermata da un altro membro della banda, Antonio Mancini, che dichiara che Emanuela Orlandi era “roba nostra, l’aveva presa uno dei nostri”.
La Minardi cambierà poi versione, dicendo che Emanuela non è stata consegnata da lei ad un prelato ma uccisa e buttata in una betoniera a Torvaianica sei mesi dopo la sua scomparsa.
Prigioniera sì dunque, ma l’epilogo resta confuso.
Ma per conto di chi De Pedis aveva rapito la Orlandi?
Secondo la Minardi il mandante sarebbe stato nientepopodimeno che monsignor Paul Marcinkus, presidente dello IOR al 1971 al 1989.
Antonio Mancini spiegò il rapimento come un messaggio per qualcuno di importante.
La banda della Magliana aveva investito più di 20 milioni delle vecchie lire nello IOR, la banca vaticana, e pretendeva la restituzione della somma.
Ma il Vaticano tergiversava.
“De Pedis è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare perché ha fatto cessare gli attacchi da parte della banda e non solo nei confronti del Vaticano” rivela Mancini a La Stampa.
Dopo la scomparsa della Orlandi i soldi rientrarono, “non tutti” precisa Mancini, ma le ostilità finirono comunque per volere di De Pedis.
Ma che ruolo giocava Emanuela in tutto questo? Perché lei?
Marcinkus, secondo la Minardi, era il mandante del rapimento.
Ma non si capisce perché il monsignore fosse disponibile alla restituzione della somma in quanto in quegli anni lui e papa Wojtyla stavano segretamente finanziando il movimento cattolico polacco Solidarnosc nella sua lotta al comunismo.
Non avrebbe avuto senso rinunciare a tutti quei soldi.
La Minardi non era molto lucida in quel periodo, per sua stessa ammissione la sua memoria è condizionata dall’uso di sostanze stupefacenti.
Forse Marcinkus non era un mandante ma un ispiratore.
Potrebbe aver suggerito involontariamente a De Pedis di rapire la ragazza sapendo che era nelle simpatie perverse di qualche prelato vicino a Woytila? Qualcuno che avrebbe volentieri restituito il debito con la banda della Magliana pur di riavere Emanuela?
Monsignor Marcinkus e De Pedis erano in contatto, forse il prelato si era lasciato sfuggire qualche pettegolezzo, e un uomo così importante in Vaticano sicuramente conosceva le debolezze di molti uomini della Chiesa.
Perfino lui aveva rischiato di finire intrappolato in uno scandalo, una falsa denuncia di violenza sessuale, un complotto per evitare che lui e papa Giovanni Paolo II continuassero a finanziare la causa anticomunista in Polonia.
La trappola però non si era mai concretizzata perché la donna incaricata di accusarlo, Jeanette Bishop, era morta in circostanze misteriose.
Jeanette, nota come baronessa Rothschild grazie al primo matrimonio con l’erede dei banchieri londinesi Evelyn Rothschild, e la sua governante e confidente friulana Gabriella Guerin scomparvero nel novembre del 1980, i loro resti furono trovati solo nel 1982, sui monti Sibillini.
La Bishop era in rapporti di amicizia con monsignor Marcinkus, poteva quindi avvicinarlo e creare lo scandalo. O forse i loro rapporti erano veramente intimi, non ci è dato saperlo.
La baronessa che non era vicina solo a Marcinkus ma anche a Sergio Vaccari, antiquario italiano residente a Londra ucciso con 15 coltellate nel 1982.
Vaccari che muore a Londra come Roberto Calvi, di cui era amico.
Quel Roberto Calvi, il banchiere di Dio, presidente del Banco Ambrosiano, morto suicida sempre a Londra tre mesi prima, impiccato al ponte dei Frati neri…
Ma questa è un'altra storia.
Nella versione di padre Amorth si incastra perfettamente anche la rivelazione di Vatileaks, la fuga di notizie di cui abbiamo parlato prima.
Nel 2012 scoppia il caso Vatileaks, e spunta un dossier che parla di spese sostenute per il mantenimento a Londra di Emanuela Orlandi.
Il documento, che precisiamo non è mai stato autenticato e manca di molte pagine, ci racconta la storia di una ragazza rapita e tenuta prigioniera a Londra per anni, per la quale sono state sostenute diverse spese tra cui spiccano per importanza quelle mediche e ginecologiche.
Monsignor Georg Gaenswein, che fu segretario particolare di Ratzinger in Vaticano,
è coautore del libro “Nient’altro che la verità”, in cui cita il caso Orlandi: «Non ho mai compilato alcunché sul caso Orlandi. Per cui questo fantomatico dossier non è mai stato reso noto unicamente perché non esiste. (...) Ovviamente, nel contesto del Vatileaks non poteva mancare l’aggancio con la terribile vicenda del sequestro di Emanuela Orlandi, che da decenni riemerge periodicamente sulla stampa, con rivelazioni più o meno attendibili e significative. Mi fu garantito che era stato fatto quanto possibile per aiutare la famiglia Orlandi e di tutte queste informazioni feci dovuta comunicazione a Papa Benedetto. (...) Pure Giani (Capo della gendarmeria, nda) consultò la documentazione dell’epoca e concluse che non c’era stata alcuna notizia tenuta nascosta alla magistratura italiana e che nel frattempo non erano maturate ulteriori ipotesi riguardo alle quali poter approfondire le indagini in Vaticano.”
Un dossier sospetto quello su Emanuela, che sembra scritto frettolosamente per creare uno scandalo.
Ci sono però dei dettagli che fanno riflettere.
Il documento sembra una lista di spese sostenute per la gestione del caso Orlandi, spese avvenute tra il gennaio 1983 (sei mesi prima della scomparsa di Emanuela) e il luglio 1997, per un totale di 483 milioni di lire.
Se crediamo a Vatileaks Emanuela sarebbe stata quindi tenuta prigioniera per tanti anni a Londra, dove forse riceveva visite da parte di qualche prelato, come risulta dal dossier alcune voci sono dedicate alle spese di viaggio di uomini del Vaticano.
Tra le spese spunta il nome del presidente della CEI cardinale Ugo Poletti, che avrebbe ricevuto 80 milioni di lire tra il 1988 e il 1993.
Poletti, l’uomo che aveva concesso a Enrico De Pedis la sepoltura in Sant’Apollinare.
Non si può però ancora chiudere il cerchio.
Amorth scrive, ricordiamo: “Una ragazza di quindici anni non sale su una macchina se non conosce bene la persona che le chiede di salire. Credo che occorrerebbe indagare dentro il Vaticano e non fuori.”
Ci dobbiamo chiedere chi ha avvicinato Emanuela, sarebbe da capire di chi si fidava così tanto da seguirlo senza timori.
Forse proprio qualcuno che lei vedeva spesso in Vaticano, forse un sacerdote, che nascondeva le sue cattive intenzioni dietro la rispettabilità di un abito talare?
Emanuela era cattolica, cresciuta in Vaticano, non è strano pensare che si sarebbe fidata di un prete che la avvicina e le dice di salire in macchina, magari con la scusa di portarla a casa velocemente dato che erano già le 19 passate.
Potrebbe essere stato De Pedis a incontrare e agganciare Emanuela?
Il boss aveva amicizie in Vaticano, è possibile che la ragazza lo avesse visto in compagnia di qualche sacerdote e lo vedesse come una persona degna di fiducia, tanto da salire in macchina con lui?
O forse c’era qualcuno con De Pedis, qualcuno di cui Emanuela si fidava?
Amorth scrive: “(Emanuela) suona il flauto presso la chiesa di Sant’Apollinare dove c’è una sorta di conservatorio.”
Di nuovo Sant’Apollinare, la stessa chiesa dove poi sarà seppellito De Pedis.
Lo aveva già visto lì, nella chiesa, insieme a qualcuno che lei conosceva?
Piccoli pezzi di un mosaico che si incastrano ma non mostrano mai un quadro risolutivo della vicenda.
Nel caso della scomparsa di Emanuela Orlandi ogni tassello sembra confermare perfettamente altre ipotesi, ma allo stesso tempo le smentisce lasciando nuovi dubbi.
Troppe possibilità, variabili, troppe bugie e omissioni.
Pietro Orlandi da sempre dichiara che la verità è in Vaticano, che in molti la conoscono, devono solo avere il coraggio di raccontarla: “Ho sempre sostenuto che la responsabilità di quanto successo ad Emanuela parte in Vaticano, che Papa Giovanni Paolo II era a conoscenza del fatto e lo sono anche Ratzinger e papa Francesco. All'interno del Vaticano c'è un fascicolo, un dossier che racconta quella verità, che non viene raccontata perché è pericolosa per l'immagine del Vaticano.".
Speriamo che con queste nuove indagini emerga finalmente questa verità che la famiglia Orlandi attende da sempre e che Emanuela ottenga finalmente giustizia per questi 40 anni che le sono stati rubati.